La riforma degli ordini professionali introduce un organo che potrà risolvere numerosi “conflitti d’interesse”

Ezio Ercole
TORINO – I giornalisti hanno atteso la riforma degli Ordini professionali per doversi dotare di un organo che valuti gli illeciti deontologici dei propri iscritti. Sarebbe stato sufficiente guardarsi intorno e prendere spunto dai notai, che già da sei anni hanno compreso che i componenti dei loro consigli distrettuali non potevano essere giudici disciplinari e parimenti giudici amministrativi.
Infatti, il decreto legislativo del 1° agosto 2006, n. 249 ha istituito la Commissione regionale di disciplina (Co.Re.Di.), obbligatoriamente presieduta da un magistrato, coadiuvato da notai in numero variabile a seconda del numero di iscritti del collegio regionale o interregionale. (art. 32, terzo comma: “La Commissione è composta da un magistrato che la presiede e da sei, otto o dodici notai (…)”).
L’Ordine dei giornalisti, quindi, oltre l’obbligo formativo, ha anche il compito di istituire dei consigli di disciplina con propri componenti che, da un lato conoscano la teoria e la pratica del lavoro professionale e dall’altra abbiano la dovuta autonomia di giudizio: la presidenza affidata ad un magistrato, quindi un “terzo” qualificato e competente, non facente parte della categoria, potrà risolvere molti “conflitti d’interesse”.
Una soluzione che pare abbia dato i suoi frutti per il notariato e che potrebbe anche essere risolutiva per i giornalisti. Il prestigio e la equanimità insita nella funzione della magistratura può essere veramente la marcia in più che potrà caratterizzare il dato disciplinare e la giurisdizione domestica degli Ordini, regionali e nazionale.
Infatti, gli ordini professionali sono nati certamente per la tutela degli iscritti, ma la valenza pubblica dell’organismo trova giustificazione nel servizio alla collettività, che ha il diritto di potersi “fidare” di coloro che sono preposti a servizio pubblico (notai, avvocati, medici ecc.) ed anche dei giornalisti, che il legislatore del lontano 1963 volle riunire in un ordine professionale non per una riserva di casta, ma per un accesso trasparente ed un controllo deontologico che oggi non può più essere lasciato esclusivamente al giudizio della stessa categoria.
Ezio Ercole
Vice Presidente Ordine dei giornalisti del Piemonte
Consigliere nazionale Fnsi
La riforma degli ordini professionali introduce un organo che potrà risolvere numerosi “conflitti d’interesse”
Giornalisti, la “garanzia” del Collegio disciplinare
Ezio Ercole
TORINO – I giornalisti hanno atteso la riforma degli Ordini professionali per doversi dotare di un organo che valuti gli illeciti deontologici dei propri iscritti. Sarebbe stato sufficiente guardarsi intorno e prendere spunto dai notai, che già da sei anni hanno compreso che i componenti dei loro consigli distrettuali non potevano essere giudici disciplinari e parimenti giudici amministrativi.
Infatti, il decreto legislativo del 1° agosto 2006, n. 249 ha istituito la Commissione regionale di disciplina (Co.Re.Di.), obbligatoriamente presieduta da un magistrato, coadiuvato da notai in numero variabile a seconda del numero di iscritti del collegio regionale o interregionale. (art. 32, terzo comma: “La Commissione è composta da un magistrato che la presiede e da sei, otto o dodici notai (…)”).
L’Ordine dei giornalisti, quindi, oltre l’obbligo formativo, ha anche il compito di istituire dei consigli di disciplina con propri componenti che, da un lato conoscano la teoria e la pratica del lavoro professionale e dall’altra abbiano la dovuta autonomia di giudizio: la presidenza affidata ad un magistrato, quindi un “terzo” qualificato e competente, non facente parte della categoria, potrà risolvere molti “conflitti d’interesse”.
Una soluzione che pare abbia dato i suoi frutti per il notariato e che potrebbe anche essere risolutiva per i giornalisti. Il prestigio e la equanimità insita nella funzione della magistratura può essere veramente la marcia in più che potrà caratterizzare il dato disciplinare e la giurisdizione domestica degli Ordini, regionali e nazionale.
Infatti, gli ordini professionali sono nati certamente per la tutela degli iscritti, ma la valenza pubblica dell’organismo trova giustificazione nel servizio alla collettività, che ha il diritto di potersi “fidare” di coloro che sono preposti a servizio pubblico (notai, avvocati, medici ecc.) ed anche dei giornalisti, che il legislatore del lontano 1963 volle riunire in un ordine professionale non per una riserva di casta, ma per un accesso trasparente ed un controllo deontologico che oggi non può più essere lasciato esclusivamente al giudizio della stessa categoria.
Ezio Ercole
Vice Presidente Ordine dei giornalisti del Piemonte
Consigliere nazionale Fnsi