
Giuseppe Marra e Rupert Murdoch
ROMA – I quotidiani “non moriranno mai. La diffusione è destinata a diminuire a causa dei nuovi dispositivi e anche se si tarderà a mutarne il tipo di informazione. Il lettore di oggi, e sempre più quello di domani, vuol sapere tutto, conoscere anche le notizie che non condivide, altrimenti si rivolgerà sempre più ai mezzi che guardano alla realtà a 360 gradi”.
Ad affermarlo, in un’intervista a “Il Sole 24 Ore”, è Giuseppe Marra, il presidente del Gruppo Gmc Adnkronos, che si dice convinto che il futuro dei giornali “è nelle nuove tecnologie”.
Per Marra i tablets indirizzeranno le scelte nell’editoria “più di quanto non abbia fatto il world wide web. La crescita così repentina – spiega – e i nuovi dispositivi imporranno di confrontarsi con le grandi potenzialità di questi strumenti soprattutto nel caso dell’accoppiata dispositivo/marketplace, che permetterà agli editori di rilasciare contenuti a pagamento in maniera semplice. Saranno agevolati anche i test di diffusione di contenuti pay sul mercato italiano, finora refrattario al pagamento online”.
Specie in Italia dove è ancora limitata la connettività disponibile in mobilità (Umts, Wifi), sottolinea Marra, “il tablet è, per ora, in prevalenza oggetto da salotto. Molti lo utilizzano vedendo la televisione, cercando approfondimenti o «second opinion» magari in relazione a quanto vedono o ascoltano. Questa tendenza crea una abitudine nuova all’approfondimento e a una maggiore interattività”.
La tendenza che si sta affermando, spiega Marra, “è destinare i contenuti free, le hard news al world wide web, mentre quelli più «pesanti», gli approfondimenti e i commenti saranno sempre più a pagamento e destinati a quei dispositivi che, complice il dualismo dispositivo/marketplace, di cui sicuramente Apple è stato il precursore, ne rendono più semplice la diffusione a pagamento”.
La possibilità di diffondere contenuti a pagamento, bypassando i vincoli del mercato editoriale più tradizionale, sottolinea ancora, “farà sì che nel prossimo futuro un prodotto originale per tablet diventi più remunerativo, visti i minori costi, rispetto al prodotto cartaceo. E’ evidente come un editore pioniere nell’utilizzo degli strumenti telematici, quale è l’Adnkronos, sia avvantaggiato dal non essere frenato dai vincoli e dalle infrastrutture dell’editoria cartacea tradizionale”.
Per Marra il limite alla scarsa diffusione dei prodotti editoriali “made in Italy” si spiega dalla “modesta diffusione della nostra lingua”. Il posizionamento dei nostri prodotti, sottolinea, “è legato principalmente alla localizzazione geografica, specie in questa fase in cui la geopolitica sta vivendo un capovolgimento epocale, dovuto in gran parte alla diffusione di internet in tutto il mondo arabo”.
Beppe Giulietti, presidente di Articolo 21, parlamentare componente della commissione Cultura della Camera, condivide le argomentazioni sviluppate da Marra. “Non ho dubbi che Marra abbia ragione nell’indicare la sempre più stretta connessione – commenta Giulietti – tra i media tradizionali e le nuove tecnologie. Anch’io sono convinto che il futuro dell’editoria si gioca sull’innovazione”. “Ma proprio per questo – continua Giulietti all’Adnkronos – e proprio perché stiamo parlando di un settore industriale e imprenditoriale in continua evoluzione, sarebbe opportuno che la politica la smettesse di preoccuparsi solo del controllo dell’informazione, cercando di mettere le mani sulle fonti o cercando di voler condizionare gli strumenti della comunicazione ai fini della propaganda”.
“Non mi stancherò mai di ripetere che esiste la necessità inderogabile di portare in Parlamento una riforma di settore sull’editoria, efficace e moderna, attenta all’evoluzione del mercato e dei sistemi, capace di stroncare il conflitto di interesse e di premiare, anche attraverso la leva della fiscalità, le imprese che investono o vogliono investire sulle nuove tecnologie, promuovendo prodotti innovativi, sforzandosi di modernizzare il settore e offrendo quindi ai cittadini – conclude il presidente dell’associazione Articolo 21 – la più ampia libertà di scelta”.
“L’analisi del direttore Marra è assolutamente inappuntabile e quindi condivisibile – dice all’Adnkronos Gennaro Malgieri, deputato Pdl e scrittore – La strada è quella che indica lui, e che soprattutto negli Stati Uniti si sta affermando: stabilire cioè proficue sinergie tra la carta stampata e le nuove tecnologie, in particolare iPad e Iphone”. “Questi – spiega Malgieri, già direttore del Secolo d’Italia e dell’Indipendente – possono essere considerati prodotti dissimili, ma afferiscono a uno stessa funzione: rendere l’informazione più capillare e fruibile, oltre che a contribuire a formare opinioni prevalenti in un mondo che, piaccia o meno, è indiscutibilmente «in Rete». La carta stampata può essere l’hardware dei tablet e delle altre tecnologie. Non è detto – rimarca l’esponente Pdl – che analisi e approfondimenti non possano essere veicolati attraverso i nuovi strumenti comunicativi i quali, tra l’altro, mi sembra che in questo momento siano le risorse più efficaci e pacifiche per diffondere la democrazia lì dove un tempo era impensabile che potesse arrivare con strumenti incruenti”.
“I giornali non moriranno – conclude Malgieri – ma certamente dovranno modulare la struttura distributiva a seconda dei contenuti: più giornali di idee e più giornali legati alle realtà territoriali. Questa può essere la via perché nel prossimo futuro né il «New York Times» né il più piccolo dei quotidiani locali celebri il proprio funerale”.
La convinzione espressa dal ministro dell’Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi, è che i new media possono favorire la diffusione dell’informazione ma anche generare risparmi che possono essere reinvestiti nel settore dell’editoria. “Quelle espresse da Marra – commenta Rotondi all’Adnkronos – sono certamente delle considerazioni condivisibili. Il pubblico e gli utenti dell’Ipad stanno crescendo numericamente e si collocano in una fascia intermedia tra chi usa il computer e il telefonino”. “E’ uno strumento più agile e versatile che offre nuove opportunità. Il giornale, al contrario, è un prodotto tradizionale, di massa. Ma proprio per questa ragione gli editori devono incrementare le sinergie possibili. Nel breve e medio periodo non c’è dubbio che il quotidiano sopravvivrà ma potrà essere perfino aiutato dall’Ipad o dai palmari, perché chi vede un articolo, magari diffuso in contenuto ridotto, poi può andare a comprarsi il giornale per approfondire”.
Tuttavia, sarebbe opportuno che la legislazione si mettesse al passo con l’evoluzione dei sistemi e delle tecnologie. “Penso all’editoria di partito – commenta infine Rotondi – che vive sulle provvigioni statali. Se fosse possibile trasferirla tutta su Internet o Ipad credo si potrebbero generare dei risparmi per gli editori che potrebbero reinvestirli per altri impieghi”.
“Anch’io sono convinto che i giornali non moriranno, così come non morirà il libro. Va da sé che ci sarà una diminuzione sempre più evidente della vendita dei quotidiani. Ma questo accadrà non solo per l’avanzare delle nuove tecnologie. Bisogna tener conto anche del fatto che in questa fase storica c’è gente che fa fatica a comprarsi il giornale, non sono mica pochi 40 euro al mese…”. Alessio Butti, capogruppo del Pdl in Vigilanza Rai, condivide le argomentazioni sviluppate dal presidente della Gmc-Adnkronos.
“Certo – dice Butti all’Adnkronos – la tecnologia ridurrà la vendita dei quotidiani, ma nel contempo l’aiuterà anche”. Quanto alla diffusione sempre forte degli ultimi strumenti tecnologici come i tablet, l’esponente pidiellino afferma: “Ci sono i sofisti che preferiscono sentire il rumore della carta in mano, sporcarsi d’inchiostro, ma è chiaro ed evidente che i tablet la faranno sempre più da padrone”. Butti dà alcuni suggerimenti per evitare la scomparsa dei giornali: “Innanzitutto, qualche giornale è convinto che urlando i titoli e attaccando personalmente politici, giudici e professionisti aumentino le vendite: non è così”.
“Le vendite – assicura – aumentano se ci si rivolge a nicchie, anche culturali. Credo che il futuro sarà sempre più non dei quotidiani di partito ma dei quotidiani orientati culturalmente e non politicamente, ma dovranno qualitativamente scrivere meglio, essere più informati e meno superficiali. E, soprattutto, chi non è d’accordo non può non avere spazio sul giornale e poi essere dopo massacrato. La gente vuole partecipare sempre di più, interviene a trasmissioni, radio, via sms, vuole esserci”.
Secondo Fabrizio Morri, capogruppo del Pd in commissione Vigilanza Rai, vecchi mezzi di informazione e nuove tecnologie possono convivere, a patto che i giornali sappiano rinnovarsi nel linguaggio e nei contenuti. “Già altre volte in passato – afferma all’Adnkronos l’esponente democratico – di fronte alle innovazioni tecnologiche (e il campo della comunicazione è uno di quelli dove si registrano in maniera più rilevante) si è spesso detto che una nuova tecnologia avrebbe cancellato le modalità precedenti. Ad esempio si è detto che la diffusione crescente di Internet avrebbe allontanato la gente da altre forme più tradizionali di comunicazione, come la televisione e soprattutto i giornali”.
“In realtà – dice ancora Morri – i processi si assestano e se da parte dei giornali ci sarà la capacità di rinnovarsi sul piano del linguaggio e soprattutto dei contenuti non è detto che la sfida tecnologica debba essere persa, anche perché il piacere della lettura rimane. Quindi nel lungo periodo è più facile che ci sia una convivenza senza la morte di nessuno, a patto che dall’innovazione si sappia trarre il desiderio di cambiare se stessi”.
Nel dibattito interviene anche il segretario della Fnsi, Franco Siddi, che concorda con la linea di Giuseppe Marra. “La sfida delle nuove tecnologie non deve spaventare nessuno. In futuro le aziende editoriali dovranno andare a trovare il lettore con i mezzi più adatti per ricevere l’informazione che può essere il quotidiano, il telefonino o il tablet” afferma Siddi. “Dobbiamo ripensare al modello dell’informazione – spiega all’Adnkronos – c’è il futuro sia per i giornali che per i giornalisti nelle nuove tecnologie in quanto la professionalità per le testate giornalistiche resta fondamentale”. Secondo Siddi, infatti, “i giornali non scompariranno ma per mantenere la loro essenza devono prevedere il web, la tv o le notizie destinate ai tablets. In realtà con tutte queste forme tecnologiche i lettori aumenteranno anche se magari si perderà qualche copia cartacea”. Insomma, “c’è bisogno di una riorganizzazione del business globale dell’informazione con l’avvento delle nuove tecnologie”, continua il segretario della Fnsi, sostenendo che si tratta di “una sfida che impone investimenti non solo tecnologici ma anche sul lavoro perché per fare informazione certificata e autorevole c’è bisogno di professionalità”.
“I giornalisti non devono avere paura delle nuove tecnologie perché ci sarà sempre bisogno di loro – ribadisce Siddi – inoltre dobbiamo uscire dal mito che tutto quello che viaggia sulla rete è gratis. L’informazione deve essere remunerata e i giornali online devono essere a pagamento. Insomma, i nuovi media non soppianteranno i vecchi ma li integreranno”.
Commentando l’intervista di Marra il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, evidenzia che “le diverse tecnologie, dal worldwide wide web ai tablets, coprono esigenze diverse, dalla divulgazione immediata di notizie consumate in un attimo ai contenuti più pesanti e di riflessione critica, fornendo al contempo per questi ultimi modalità semplici e veloci di pagamento anche nella forma micro” e sostiene di condividere le considerazioni espresse dall’editore sull’influenza positiva che le nuove tecnologie avranno sull’informazione in generale e sui giornali in particolare. Malinconico, poi, ampliando il discorso al contesto generale che tali novità producono nel settore dell’editoria aggiunge: “Il mondo dell’informazione è interessato, in questi ultimi anni, da profondi cambiamenti che stanno ridefinendo l’intero sistema della comunicazione: dalle strategie commerciali agli assetti proprietari, dalle modalità di creazione a quelle di fruizione dei contenuti”.
Alla base di questo processo, ha evidenziato, “c’è l’innovazione tecnologica, il digitale, lo sviluppo di strumenti sempre più sofisticati per veicolare le notizie, renderle accessibili in forme mai conosciute prima e disponibili su una molteplicità di piattaforme”. In questo nuovo scenario, gli editori italiani “guardano con interesse alla sperimentazione di nuove tecnologie in grado di sostenere e stimolare l’editoria e il giornalismo online: molte aziende editoriali stanno investendo con successo nello sviluppo di nuovi modelli di business e la stessa Fieg ha posto il tema della convergenza multimediale al centro delle attività della Federazione”, ricorda Malinconico.
Le nuove tecnologie informatiche e di comunicazione, però, “devono valorizzare adeguatamente il ruolo centrale che i contenuti editoriali online (e i produttori di tali contenuti, ossia gli editori) svolgono in questo sistema. E questo lo ha rilevato, di recente, anche l’Autorità italiana antitrust, richiamando l’attenzione del legislatore italiano sulla discrasia oggi esistente tra i costi sostenuti per la produzione dei contenuti editoriali online e lo sfruttamento commerciale di tali contenuti da parte di soggetti terzi. Una discrasia che potrebbe compromettere il funzionamento efficiente di tutto il sistema”.
Infine, ricorda il presidente della Fieg, “la notizia della nascita delle cosiddette edicole virtuali da parte di top operators quali Google ed Apple presenta indubbi profili di interesse per lo sviluppo e il potenziamento del business digitale degli editori di giornali”. Permangono, tuttavia, “alcuni aspetti di criticità, riconducibili alle restrizioni imposte agli editori in termini di politiche commerciali. Queste stesse preoccupazioni sono emerse anche a livello internazionale, nella posizione espressa qualche giorno fa dall’associazione degli editori europei (Enpa) oltre che nella interrogazione posta al Parlamento europeo, dal parlamentare belga Ivo Belet, sui possibili profili di incompatibilità di tali offerte con la normativa antitrust”.