Franco Siddi (Fnsi) replica al sottosegretario all’Editoria: “Sono un presidio per il pluralismo, non serve un accorpamento”

Legnini: “Bene le agenzie di stampa, ma 11 sono troppe”

Oggi a Roma l’Agenzia Dire ha celebrato i suoi 25 anni

ROMA – “I contratti tra la Presidenza del Consiglio e le agenzie di stampa si rinnoveranno, ma con alcuni cambiamenti”. A dirlo è il sottosegretario all’Editoria, Giovanni Legnini, oggi nel corso del convegno per i primi 25 anni di attività dell’agenzia di stampa Dire.
“Vi è – spiega Legnini – un assetto contrattuale e una definizione quantitativa delle risorse, al netto dei tagli necessari per la contingenza attuale, frutto di scelte passate peraltro neanche ricostruibili.
Mi trovo quindi di fronte a una diversificazione nelle sovvenzioni i cui motivi non sono specificabili. Non vorrei demolire quanto fatto in passato, anche perché quando non conosci le fondamenta è complicata anche una demolizione. Però vorrei apportare alcuni cambiamenti, comprensibili e adeguati alla condizione attuale. Vorrei fossero cambiamenti graduali che tengono conto della trasformazione già in atto della multimedialità, ma anche dell’occupazione, della qualità e quantità del lavoro. Dopodiché – prosegue il sottosegretario – il governo ha rapporti contrattuali con 11 agenzie di stampa. Sono convinto che più agenzie sono il presidio per garantire il pluralismo, ma 11 sono troppe. C’è una dispersione e visto che io non mi sogno di essere soppressivo né discriminatorio, credo che dobbiamo introdurre una regola che favorisca l’aggregazione delle agenzie. Non sta a me dire quante devono essere, ma 11 più altri soggetti del mercato che bussano alla porta mi sembrano davvero troppi”.
Il pluralismo poi, secondo Legnini, “passa anche per un corretto assetto dei rapporti che saranno definiti entro quest’anno e in linea con la legge di stabilità in itinere”.
Quanto alle norme generali al vaglio per l’editoria, aggiunge il sottosegretario, “non c’è nessun provvedimento che preveda solo licenziamenti, né alcun tesoretto. C’è una somma minima con cui vorremmo accompagnare le aziende nella loro trasformazione, mettendo al centro l’occupazione, l’investimento in tecnologia e, certo, anche l’uscita di eventuali lavoratori. Stiamo definendo in questi giorni un pacchetto di norme nelle quali spero possa trovare posto anche il diritto d’autore e che riguarderanno tutta la filiera, comprese le edicole”.
Legnini affronta poi anche il tema della confluenza del mercato pubblicitario sul web a discapito delle testate giornalistiche tradizionali.
“Si può pensare a un progetto legislativo sui motori di ricerca – commenta – ma non si può entrare nelle leggi di mercato”. (Ansa)

SIDDI: “QUESTE AGENZIE SONO UN PRESIDIO, NO AD UN ACCORPAMENTO”

“Le agenzie di stampa vanno considerate un presidio. Sono l’avvio della catena del processo informativo sui fatti rilevanti e anche minori. Non è immaginando un accorpamento fra agenzie o giornali che migliorerà la qualità democratica del nostro pluralismo”. A dirlo è il segretario della Federazione Nazionale della Stampa, Franco Siddi, intervenendo oggi al convegno per i 25 anni di attività dell’agenzia di stampa Dire.
“Nel tempo di internet e della trasformazione dell’informazione di massa – dice Siddi – si è imposta una riflessione congiunta tra giornalisti ed editori perché rischiamo di tornare all’Italia degli anni ’60-’70 in cui l’informazione era appannaggio solo dei magnate o dei portatori di altri interessi, perché oggi i ricavi non sono più garanzia che un’azienda tenga”. E allora, esorta Siddi, occorre “un rigore esemplare” da entrambe le parti.
“Bisogna fare scelte che più saranno condivise più saranno efficaci – dice -, dobbiamo essere in grado di sottolineare la differenza tra informazione e citizen journalism. Soprattutto – conclude – nessuno deve pensare che basta spostare un addendo, prendere il posto di un altro o fregarsene dei giornalisti, perché arriveranno le provvidenze, ce le prendiamo e poi ci pensiamo tra due anni. L’informazione non si fa guardando le quotazioni in Borsa”.
Quanto ai giornalisti, “112-113 mila tesserini sono troppi: almeno metà sono invisibili. Bisogna migliorare la qualità del prodotto e con questo la qualità dei compensi, magari chiamando meno lavoratori”. (Ansa)

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