Il direttore del quotidiano di Torinto, Paola Bernardini, denuncia: “Gli italiani all’estero non sono figli di un dio minore”

Chiude il Corriere Canadese: “Un delitto editoriale”

Paola Bernardini

TORONTO (Canada) – Il Corriere Canadese ha sospeso, per un periodo da definire, le pubblicazioni perché l’editrice Italmedia ha avviato le procedure di liquidazione e la Multimedia Nova Corporation, l’azienda proprietaria della testata, ha deciso per una “pausa tecnica”, forzata dalla grave crisi finanziaria.
Una decisione, ha denunciato il direttore Paola Bernardini, che spegne una voce autonoma nel panorama dell’informazione proprio nella “Giornata mondiale dedicata alla libertà di stampa e alla sicurezza dei giornalisti”.
“Quell’informazione – ha sottolineato Paola Bernardini – che ha accompagnato gli italiani in Canada dal lontano 1954.
 Per noi giornalisti del Corriere Canadese – ha scritto il direttore nel suo ultimo editoriale – questo è il giorno più duro, dopo anni che viviamo in uno stato di emergenza. Abbiamo fatto di tutto per mantenere in vita una testata importante nel quadro della pluralità dell’informazione, abbiamo investito le nostre forze sul lavoro e sulla qualità del prodotto, abbiamo resistito a una situazione difficilissima e ci siamo sacrificati in prima persona subendo anche drastici tagli.
Oggi siamo costretti ad accettare con grande amarezza quanto stabilito dalle società e metterci da parte”.
Questa drastica sospensione della pubblicazione del Corriere colpisce una redazione già provata da una pesante ristrutturazione e che da 4 anni lotta con i contributi tagliati, il Milleproroghe, gli effetti della crisi economica globale, il magro fatturato pubblicitario.
Paola Bernardini ricorda che “il 26 febbraio 2010, quando il Senato confermò i tagli del 50% alla stampa all’estero, il Corriere Canadese uscì con una prima pagina nera dal titolo «Informazione interrotta» e l’editoriale «Il baratto politico condanna il Corriere». Ci siamo mobilitati in Canada e in Italia per salvare il giornale, e ci siamo riusciti. Da allora abbiamo vissuto con una spada di Damocle sul capo per non farci imbavagliare. Per far capire che gli italiani all’estero non sono figli di un dio minore”.
“Forse – aggiunge la Bernardini – è un segno dei tempi, ma all’Italia interessa poco dei concittadini nel mondo: lo ha dimostrato con i tagli al sistema dell’informazione, alle politiche migratorie, alle istituzioni che promuovono la cultura, la lingua, il made in Italy.
E pensare che la lingua è il primo patrimonio culturale di un Paese, un’eredità che va trasmessa e che ancora ci distingue. Il Corriere Canadese lo ha sempre saputo e si è impegnato in questo senso facendo anche diventare il giornale uno strumento di studio nei Dipartimenti di Italianistica delle Università canadesi”.
Fondato da Dan Iannuzzi nel 1954, unico quotidiano in lingua italiana edito in Canada, ha raccontato la vita della comunità italiana e ha rappresentato un punto di riferimento per l’italianità, è stato uno strumento di promozione dell’Italia fuori dall’Italia.
“In un Paese multietnico come il Canada, è stato anche – ricorda Paola Bernardini – il collante tra le varie generazioni: non solo gli italo-canadesi cresciuti con il giornale ma anche i loro figli, i giovani interessati a tutto ciò che è italiano.
La sospensione delle pubblicazioni di un giornale storico è una grande ferita, è un problema per i pesanti effetti sull’occupazione, ma soprattutto per i nostri lettori. Noi oggi abbiamo perso la sfida con i nostri lettori. Tuttavia con il coraggio della speranza, noi giornalisti della redazione del Corriere Canadese  lanciamo un appello alle forze sociali e comunitarie, agli intellettuali, ai politici, alla Fnsi, all’Ordine dei giornalisti italiani, e soprattutto ai nostri lettori affinché non si spenga l’attenzione su questo quotidiano importante non solo per gli italiani in Canada ma anche per l’Italia”.
Il Corriere avrà un futuro? “La chiusura definitiva – ammonisce il direttore Paola Bernardini . sarebbe un «delitto editoriale». Perché un quotidiano che ha quasi 60 anni di storia, il secondo più antico a Toronto dopo lo Star, non avrebbe dovuto subire tutto questo. Doveva e deve essere considerato un bene prezioso, di cui si avrà la percezione solo quando verrà a mancare”.

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