GENOVA – Giornalisti fuori dall’aula della Corte d’assise d’appello di Genova dove si è aperto stamani il processo al killer Luca Delfino, 36 anni, per il delitto di Luciana Biggi, uccisa a 36 anni nel centro storico di Genova nell’aprile 2006.
Il provvedimento è stato disposto dal presidente della Corte, Maria Rosaria D’Angelo che, allo stesso tempo, ha deciso che questa mattina in aula fossero ammessi “solo” circa trenta studenti di giurisprudenza, con i docenti del corso di procedura penale e il personale del tribunale, oltre alle parti. (Agi)
L’ASSOSTAMPA LIGURE: “LESO IL DIRITTO-DOVERE D’INFORMAZIONE”
In aula a seguire l’udienza possono rimanere gli studenti di giurisprudenza, ma non i giornalisti. Così ha deciso la Corte di Appello di Genova nell’ambito di un processo per omicidio (il cosiddetto caso Delfino) che avrebbe dovuto stabilire, a latere del caso penale, le cosiddette statuizione civilistiche. Un caso che ha occupato le cronache liguri e nazionali per anni con un particolare interesse per le vicende processuali e per l’efferatezza dei casi in esame.
Stamane è accaduto che i giornalisti presenti siano stati prima allontanati dall’aula con una decisione poi confermata dall’ordinanza del presidente del collegio giudicante mentre il pm e i legali non avevano opposto veti alla presenza dei giornalisti. La presenza in aula è stata invece consentita a un gruppo di studenti della facoltà di giurisprudenza nell’ambito dei processi formativi del loro corso di studi.
Una decisione che non ha precedenti e lede il diritto dovere a fare e ricevere informazione. E pure a fare “formazione”: giustamente è stata consentita agli studenti di giurisprudenza. Ma ogni processo, ogni caso che un giornalista segue per lavoro, oltre che rispondere ai diritti del fare e ricevere informazione rappresenta anche una formazione professionale.
Il segretario
Alessandra Costante