ROMA – Ancora una volta il governo Monti cerca di risolvere i problemi di bilancio colpendo la categoria più indifesa, quella dei pensionati. E continua ad ignorare le sentenze della Corte Costituzionale, che anche di recente ha riaffermato il sacrosanto principio dell’equità fiscale, che cioè a parità di reddito non si possono penalizzare singole categorie, anziché la generalità dei contribuenti.
L’ultima “trovata” é quella di risolvere il nodo degli esodati (molti dei quali, peraltro, non gravano neppure sullo Stato, ma su appositi “Fondi” bancari) addirittura con una «clausola di salvaguardia», che pescherà dalle pensioni oltre i 3 mila euro lordi (2.200 circa netti) bloccandone la deindicizzazione.
Se fosse approvata una simile demenziale proposta verrebbero taglieggiati ulteriormente quasi tutti i giornalisti in pensione che – va precisato – non sono affatto “pensionati d’oro” (come qualcuno erroneamente continua a far credere), avendo versato durante la loro vita lavorativa fior di contributi all’Inpgi o ad altri enti previdenziali.
Molti di essi erano stati già colpiti da tagli introdotti dal governo Berlusconi (estate 2011) e dal governo Monti (decreto “Salva Italia” del dicembre 2011) che la Consulta ha sostanzialmente dichiarato fuorilegge con la sentenza n. 241 del 31 ottobre scorso che richiama la precedente sentenza n. 223 di un mese fa.
Circa mille giornalisti pensionati con vitalizi compresi tra i 90 mila e i 200 mila euro lordi l’anno hanno, quindi, diritto al rimborso di quanto é stato loro trattenuto indebitamente negli ultimi 15 mesi. Ebbene il Governo non solo non intende rimborsarli, ma ulteriormente penalizzarli con un’ulteriore indebita trattenuta “pro esodati” insieme a tutti gli altri pensionati con un reddito lordo anno di circa 40 mila euro!
Peraltro un ulteriore blocco della perequazione per il 2014 e 2015 dopo quello già introdotto nel 1997, 2008, 2012 e per il prossimo anno 2013 significherebbe una palese violazione degli articoli 3, 36, 38 e 53 della Costituzione. E violerebbe quanto statuito dai giudici della Consulta nelle sentenze n. 30 del 2004 e 316 del 2010 che, pur salvando in via del tutto eccezionale i provvedimenti di blocco della rivalutazione Istat dei vitalizi, avevano lanciato un chiaro ultimatum al Parlamento a non reiterare simili provvedimenti perché non in linea con la Carta repubblicana, essendo stati stati largamente taglieggiati i vitalizi con effetti permanenti.
Se il Governo Monti ha davvero la necessità di reperire fondi per coprire il deficit pubblico e risanare le dissestate casse dello Stato per fronteggiare i costi degli esodati non può continuare a prendersela solo con i pensionati, ma deve trovare giuste misure con saggezza, equità ed equilibrio limitando innanzitutto i tanti sprechi pubblici, ma soprattutto senza discriminare a loro danno i pensionati rispetto a tutti gli altri contribuenti italiani (lavoratori dipendenti pubblici e privati, manager pubblici, lavoratori autonomi, proprietari di terreni e fabbricati, investitori di Borsa, piloti, calciatori, liberi professionisti, artigiani, ecc.), sulla scia proprio di quanto recentemente affermato dalla Corte Costituzionale nelle citate sentenze n. 223 e 241 del 2012.
E’ indispensabile, quindi, far giungere a Palazzo Chigi la ferma protesta dei pensionati, giornalisti compresi, contro un pesante taglio delle loro entrate peraltro accompagnato da un’altrettanto pesante tassazione (aliquote Irpef, addizionali comunali e regionali, Imu, Tarsu, ecc.) senza alcuno sconto con la conseguenza che i vitalizi sono stati largamente taglieggiati con effetti permanenti con il risultato che già oggi le pensioni nette siano in media largamente inferiori a quelle percepite nel 2009.
Se il Governo Monti dovesse continuare a “fare orecchie da mercante” non resterebbe che la strada giudiziaria al fine di far sollevare dalla magistratura di ogni parte d’Italia l’eccezione di incostituzionalità del blocco della perequazione e della nuova norma “pro esodati”, nonché quella della presentazione di decine di migliaia di mozioni (non costano nulla, essendo del tutto gratuite) alla Camera e al Senato, ai sensi dell’art. 50 della Costituzione. In tal modo gli uffici di Camera e Senato verrebbero letteralmente sommersi di carte e il Governo sarebbe costretto ad ascoltare fino in fondo le buone ragioni dei pensionati.