Martedì in Commissione giustizia del Senato il voto sugli emendamenti alla legge: pesanti sanzioni ai giornalisti

Diffamazione: l’alternativa al carcere è peggiore del male

Milena Gabanelli

Il Senato della Repubblica

ROMA – Niente carcere per i giornalisti ma multe da 5mila a 100mila euro. Obbligo di rettifica senza commento, entro sette giorni dalla richiesta della persona offesa, con adeguato rilievo e idonea collocazione, senza dimenticare un chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata. Possibilità di ricorso con procedura d’urgenza (ex articolo 700 del Codice di Procedura civile) al giudice, in caso di mancata pubblicazione della rettifica, non solo della parte lesa ma anche del giornalista autore dell’offesa nel caso in cui il direttore della testata non vi abbia ottemperato. E stop di un anno ai contributi di Palazzo Chigi in caso di diffamazione recidiva reiterata, previsione dell’aggravante della “diffamazione organizzata” con un pena che aumenta della metà.
E’ quanto prevede l’emendamento dei relatori del ddl sulla diffamazione a mezzo stampa, all’esame della commissione giustizia del Senato. Nel testo messo a punto da Filippo Berselli (Pdl) e Silvia Della Monica (Pd) si prevede anche che in caso di diffamazione possa essere applicata la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da uno a sei mesi, pena che raddoppia nel caso in cui venga commesso un reato della stessa indole nei due anni successivi alla condanna ed arriva all’interdizione da uno a tre anni in caso di ulteriore sentenza di condanna.
Si stabilisce l’obbligo di pubblicazione per esteso della sentenza di condanna se la parte offesa ne fa richiesta. Si prevede inoltre che “nel pronunciare sentenza di condanna il giudice dispone che i soggetti civilmente responsabili che abbiano ricevuto contributi” restituiscano al Dipartimento dell’informazione e dell’editoria presso la Presidenza del Consiglio “l’equivalente della somma degli importi della multa, della riparazione pecuniaria e del risarcimento danni.
In caso di recidiva reiterata il giudice dispone che la corresponsione dei predetti contributi venga sospesa fino all’ammontare dell’importo dovuto per un anno. Quanto ai direttori e ai vicedirettori responsabili di testata, fuori dai casi di concorso, se omettono di esercitare il controllo necessario ad impedire che siano commessi reati, vengono punti a titolo di colpa. La pena è quella stabilita per il reato commesso, diminuita in misura non eccedente un terzo. La diminuzione non si applica nel caso in cui l’autore è ignoto o non identificabile. La pena è aumentata nel caso in cui l’autore sia un giornalista sospeso o radiato dall’ordine o interdetto dalla professione.
E sulla diffamazione a mezzo stampa spunta in Senato un emendamento subito ribattezzato “anti Gabanelli”, la conduttrice del format di giornalismo d’inchiesta tv “Report”.
  Si tratta di un emendamento Pdl sulla responsabilita civile che toglie, di fatto, su questo fronte, qualsiasi paracadute ai giornalisti, siano dipendenti o freelance, e dichiara nulle, ai sensi del codice civile, tutte le clausole che sollevano dalle conseguenze patrimoniali gli autori di eventuali reati a mezzo stampa, perché è l’editore o il proprietario della pubblicazione che si assume, per contratto, l’onere del danno per la responsabilità civile.
L’emendamento prevede che: sono nulle, ai sensi dell’articolo 1418, terzo comma, del codice civile, le clausole dei contratti in forza delle quali gli autori di reati a mezzo stampa, “sono sollevati in tutto o in parte, dagli oneri derivanti dal pagamento delle pene pecuniarie loro comminate a seguito dell’accollo degli stessi da parte delle altre persone indicate” nel testo che specifica: “per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido, con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione, l’esercente dell’impresa giornalistica o l’editore.
Nell’emendamento, a firma del senatore Giacomo Caliendo, si stabilisce anche che non valgono (“Sono parimenti nulle”) quelle clausole che mettono a carico dei soggetti sopra indicati gli oneri che derivano dal risarcimento del danno per reati commessi con il mezzo della stampa “anche se accertati incidentalmente nel corso di un procedimento civile” e stabilisce che sono altrettanto nulle le clausole contrattuali che pongono ad esclusivo carico del “proprietario della pubblicazione, dell’esercente dell’impresa giornalistica o dell’editore” gli oneri che derivano dal risarcimento del danno stabilito nel corso o a conclusione del nuovo procedimento della mediazione civile.
Il giudice dovrà, si legge, nel determinare il danno derivante dalla diffamazione a mezzo stampa, tenendo conto della diffusione geografica e quantitativa del mezzo di comunicazione usato, della gravità dell’offesa, e dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica.
Secondo quanto si è appreso, i relatori del ddl sulla diffamazione, Filippo Berselli e Silvia Della Monica sarebbero orientati a formulare parere contrario. Le votazioni sugli emendamenti sono previste in commissione giustizia martedì della prossima settimana. (Agi)

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