
Enzo Iacopino

Giancarlo Ghirra
ROMA – “Caro Salvatore, una cosa sola posso escluderti: non è farina dell’esecutivo. Anche io ho appreso, con sconcerto, delle idee di Ghirra leggendo il sito di Abruzzo”.
Nel rispondere a Salvatore Campitiello (uno dei nove consiglieri nazionali pubblicisti della Campania firmatari della pubblica presa di posizione contro Giancarlo Ghirra), il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, non usa mezzi termini nei confronti del segretario del suo Comitato Esecutivo. Anzi, va giù pesante prendendosela anche con una giornalista del “Sole 24 Ore”.
“Ho reagito approfittando di una intervista al Sole 24 Ore – afferma, infatti, Enzo Iacopino – ma la collega o non ha colto bene le mie parole o non mi sono espresso bene o la sua esigenza di sintesi le ha consentito solo di riportare la mia contrarietà alle riserve indiane (sia per le donne che per i pensionati). Ha riportato solo questo del tanto che invece le avevo detto”.
“Ho un’idea della rappresentanza – sostiene Iacopino – radicalmente diversa da quella di Ghirra. Non c’è una mia sola dichiarazione che non rispecchi quel che ha deliberato il Consiglio. Questo, per me, è il rispetto per i colleghi e per il ruolo”.
LA PRESA DI POSIZIONE DEI CONSIGLIERI NAZIONALI PUBBLICISTI DELLA CAMPANIA
https://www.giornalisticalabria.it/2012/08/30/l’ordine-dei-giornalisti-ha-solo-bisogno-di-unita/
L’ARTICOLO DI GHIRRA PUBBLICATO DA FRANCO ABRUZZO IL 7 AGOSTO SCORSO
La riforma dell’Ordine al microscopio

Il decretino di mezza estate ha corretto alcune sconcertanti scelte dello schema diffuso due mesi fa, quando la responsabile della Giustizia aveva ipotizzato di affidare la tutela della deontologia in primo grado agli Ordini delle regioni più vicine e l’appello addirittura ai primi dei non eletti, quelli che il gergo (non sempre finissimo) dei giornalisti definisce trombati.
Ora si torna a criteri più accettabili: saranno i giornalisti indicati dai colleghi e scelti dai Tribunali a vigilare sulla correttezza di chi scrive per professione. Delude tuttavia l’assenza di un disegno di riforma, la volontà di modificare profondamente una legge vecchia di cinquant’anni con poche ma incisive norme che una giurista del livello di Paola Severino non può non condividere se vuole contribuire a rendere l’Ordine dei giornalisti più efficiente e più credibile.
Nel 2012 giornalista deve essere chi lo fa, chi viene retribuito per scrivere e paga i contributi all’Inpgi. Non si può continuare con l’antistorica divisione fra professionisti e pubblicisti che penalizza tanti giovani sfruttati e ridotti a precari e consente a iscritti ad altri albi professionali (medici, avvocati, etc.) non soltanto di essere iscritti all’Ordine ma anche di rappresentare i giornalisti nei Consigli.
Giornalista è chi ha la necessaria preparazione, figlia di una laurea e di un tirocinio seri o e rigoroso. Giornalista è chi rispetta le regole deontologiche, non fa marchette praticando la commistione fra informazione e pubblicità, non scrive il falso, verifica rigorosamente le notizie.
Laurea, dunque (basta con la favola del praticantato sul campo, che nessuno fa più nelle forme dei decenni scorsi), elenco unico nel quale si entra soltanto se si supera l’esame di Stato e si versano contributi all’Inpgi, e grande rigore etico: se ne sente il bisogno davanti a un giornalismo fazioso e impreciso che va perdendo di credibilità giorno dopo giorno.
Ma a che servono tanti consiglieri, soprattutto dopo che la parte disciplinare verrà affidata a una specifica commissione? Cinquanta, al massimo sessanta, sono più che sufficienti a garantire l’attività amministrativa dell’Ordine nazionale.
Qualsiasi intervento esterno sulla stampa rischia di mettere in forse la democrazia e la libertà dell’informazione, già duramente provate nel nostro Paese da poderosi conflitti di interesse e dall’assenza quasi totale di editori puri.