Il più anziano giornalista della Calabria trae spunto dal pezzo di una giovane collega per dare una lezione sulla professione

Antonio La Tella: “Il giornalismo, secondo me”

Antonio La Tella

La mitica “Lettera 22” della Olivetti

REGGIO CALABRIA – Arrossisco. Antonella Italiano, giornalista de “La Riviera”, riporta al mondo dei vivi me che sono morto da un pezzo. Lo fa – aggravante – ricorrendo all’iperbole. Vengo da un giornalismo modesto e schivo, per il  quale nella cronaca ci stanno i fatti e le persone riferite a quei fatti. Il protagonismo dei giornalisti che oggi trabocca da radio e tv, persino dall’informazione su carta, era ai miei bei dì del tutto sconosciuto. Si impostava la pagina per il giorno dopo una volta fatta una capatina dal barbiere – sempre sensibile agli umori della piazza –  ed al bar.
I giornalisti di Roma, Napoli e Milano che passavano ore seduti al tavolino del caffè non erano affatto dei perditempo. All’epoca non c’erano, come oggi, i lanci di agenzia, non c’era internet, ma quegli operatori dell’informazione non ne sbagliavano una. Mi riconosco, ora che ho gli anni di Matusalemme, in quello stile ed in quella scuola. Come tutti gli altri, parlavo con tutti, ma nel lavoro procedevo in solitario. Così avvviene oggi, del resto, nei desk tanto di moda. Attuali quanto si vuole, conservano, intatti, i valori di un tempo: Quanto ai giornalisti stipati come sono nello stanzone, vicini gli uni agli altri, propongono tuttavia teste pensanti con tutte le loro specificità, mai descrivendo un assieme.
Da quando sono nato al mestiere (15 gennaio 1944) non sono mai riuscito ad integrarmi nella categoria intesa come tale. Una estraneità totale ampiamente ricambiata. Solo recentemante mi sono riconosciuto nel sindacato grazie al suo segretario. Chi conosce Carlo Parisi sa che cosa voglio dire. Sono ancora oggi dell’avviso che il lavoro del giornalista può essere assimillato senza azzardo a quello del bravo artigiano; quindi dell’arrotino e del sarto. Persino del ciabattino che, avvalendosi di spago e e zeppe, riesce a modellare a meraviglia le sue tomaie, ricavandone un prodotto perfetto.
Non ho titoli per dar lezioni a nessuno, ma soffro quando vedo i giornalisti scambiarsi messaggi in cifra ed in chiario, davanti alle telecamere o sulle pagine dei giornali, sino ad abbandonarsi a forme – posso dirlo? – persino pacchiane di protagonismo. La mia sensibilità sul tema è tale che, in sessant’anni di carriera non ho mai dato del collega ad esponenti pur stimabili dei mio stesso mondo. Mica per superbia, direi piuttosto per una insofferenza connaturata al carattere, alla difficoltà a far mia l’idea di massa, di ciurma. Di categoria per l’appunto.
Mi sento di poter rivendicare a me stesso sul punto una estesa coerenza, tanto da eliminare nei miei scritti un qualsiasi connotato di natura personale. Mai usate nelle mie cronache – quelle minuscolo e quelle maiuscolo – la prima persona singolare del presente indicativo; ma invariabilmente la prima plurale. Il noi invece dell’io. Ciò dicendo, mi accorgo di aver fatto oggi una eccezione nell’occasione del tutto speciale del dialogo con Antonella e la sua Riviera. Grazie e buona fortuna.

Antonio La Tella

Antonio La Tella, la vita di un grande giornalista

Pasquino Crupi, direttore de “La Riviera”

Antonio La Tella, noto giornalista calabrese, l’8 maggio 2012 scrisse sul suo blog: «Cari amici lettori, sono vecchio da un bel po’ di tempo, ma solo ora, uscendo dall’ospedale rimesso a nuovo, si fa per dire, capisco che cosa è davvero la vecchiaia. Un luogo freddo e oscuro, attraversato da gente interessata solo alle cose sue e da vecchi amici – tanti – dalla memoria labile.
Nei miei anni felici mi cercavano, mi adulavano, persino mi coccolavano. In questa stagione della mia vita che dall’autunno volge verso l’inverno è tutto un nascondersi, un negarsi, un voltarsi dall’altra parte. I giovani d’oggi che si sentono padroni del mondo sono avvertiti. Quello che ho appena descritto è il destino che li attende. Si mostrino, almeno, più umili e caritatevoli. Se ci riescono.
Sempre così? Dunque, non ci sono eccezioni? Certo che ce ne sono. Ed è l’unico aspetto consolante, nel panorama senza confini e senza memoria di tanti contemporanei senza morale.
 Per concludere, questo piccolo blog non chiude. Io non mi arrendo. Contro ogni logica, seguito a dar credito agli amici lettori – pochi o molti che siano – interessati alle voci che si levano dal mondo di ieri che si propone oggi con tutte le sue spensieratezze ma anche le sue virtù. Ahimè, dimenticate. Dimenticatissime».

Il monito del giornalista arriva dritto al cuore dei lettori. Lui, Antonio La Tella, fu un grande professionista e collaborò, in tempi diversi, a quotidiani come “Il Giornale di Sicilia”, “La Voce di Calabria”, “La Gazzetta del Sud”, “Il Messaggero” e ai periodici “L’Airone” e “Calabria”.
Fu redattore de “Il Tempo” ricoprendo, negli anni, ruoli delicati e importanti nella Capitale. Stabilì con la sede Rai di Napoli un rapporto di collaborazione, per poi riassumere le sue esperienze di vita e di lavoro in un libro di memorie (“Taccuino Segreto”) che racconta episodi dell’Italia – di Reggio in particolare – del secolo appena trascorso.
Sessant’anni di carriera che fanno impallidire le più giovani leve. Aspiranti giornalisti che lo seguono, ammirati, sul suo blog. 
Ricordo, nei miei primi giorni di redazione, l’incontro col direttore Pasquino Crupi. Appariva inafferrabile in quel suo cappotto scuro, con il sigaro, il cappello, i giornali sotto il braccio. Piansi quando corresse i miei primi articoli, poi capii, ma non del tutto, pur restando incantata da quel mare di sapere che furono le sue spiegazioni. Un mare che tutta la vita non mi sarebbe bastata ad esplorare.
Il tempo mi mostrò anche la sua dolcezza, e un’innata capacità di dialogo ad ogni livello. Che meraviglioso strumento la cultura!
Il professore ci regalò bellissime storie e lo fece con la mimica tipica dell’oratore, e con un’energia tale da rendere l’aria vibrante. 
La nostra società ha bisogno di questi uomini, dei loro inverni ricchi, densi di colori e di odori, tesi ad attenuare le giovanili estati afose e sconsiderate. Uomini che neanche la bufera più crudele è riuscita a fermare. E, noi, ne saremo all’altezza?

Antonella Italiano (La Riviera)

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