Mentre il presidente della Commissione Cultura della Camera sollecita il provvedimento “contro il caporalato giornalistico”

“Equivoco” equo compenso: la riforma esclude gli Albi

Manuela Ghizzoni

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero

ROMA – Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, afferma che “un provvedimento legislativo sull’equo compenso del lavoro giornalistico, già approvato all’unanimità in sede legislativa nella Commissione che presiedo alla Camera, è indispensabile e deve essere varato al più presto, come auspicato anche dal presidente della Repubblica”.
“Solo un compenso equo e congruo – ha aggiunto – può garantire la libertà di un giornalista, altrimenti vessato dal caporalato dell’informazione operato da editori che non rispettano le norme. Risulta, infatti, che il 62% dei giornalisti freelance non guadagna più di cinquemila euro l’anno – prosegue Ghizzoni – e non è pensabile non imporre una sanzione specifica a imprenditori senza scrupoli. Alla ministra Fornero vorrei precisare che il precariato giornalistico ha delle specificità e, dunque, deve essere trattato attraverso un provvedimento specifico. L’approvazione della norma è la risposta di civiltà che il Parlamento deve dare per porre le basi per la libertà d’informazione e di autonomia del giornalismo troppo invocata e poco praticata”. (Asca)
Una riforma che non costa un euro alle casse dello Stato, approvata all’unanimità alla Camera attraverso il meccanismo della sede deliberante in commissione, ma bloccata misteriosamente al Senato, dove la commissione Lavoro se ne dovrebbe occupare a settembre.
E’ la legge sull’equo compenso nel lavoro giornalistico, una iniziativa promossa dalla Fnsi e dall’Ordine professionale per cercare di mettere un freno allo sfruttamento estremo di liberi professionisti, freelance, precari. Un fenomeno che oltre alle conseguenze sociali immaginabili per chi è costretto a lavorare a volte per pochi euro ad articolo, ha ricadute evidenti sulla libertà dei giornalisti e quindi sulla stessa libertà dell’informazione.
Dopo che il presidente del Senato, Renato Schifani, ha annunciato di aver appurato personalmente che il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha negato di aver inteso esprimere un parere negativo sulla legge a nome del Governo, nel corso della sua recente audizione in commissione Lavoro, i promotori della riforma hanno rilanciato la battaglia nel corso di una conferenza stampa a palazzo Madama, alla quale hanno partecipato diversi parlamentari interessati al tema, oltre al presidente dell’Odg, Enzo Iacopino, al presidente del sindacato, Roberto Natale, al segretario della stampa romana Paolo Butturini.
“Abbiamo deciso di fare un approfondimento e ne riparleremo a settembre – ha assicurato la senatrice Tamara Blazina (Pd) – ma non abbiamo obbedito a un diktat perché non si parli più di questa legge. Ma bisogna tenere conto del fatto che c’è una novità, la riforma Fornero”.
Tesi contestata da Vincenzo Vita (Pd): “La riforma del lavoro fa proprio una eccezione per gli albi professionali”, ha commentato. Sulla stessa linea Silvano Moffa (Pet), presidente della commissione Lavoro della Camera e primo firmatario dell’iniziativa legislativa a Montecitorio: “E’ vero casomai che l’introduzione della riforma del lavoro impone di fare questa legge”.
Enzo Carra (Udc), relatore della proposta nell’altro ramo del Parlamento, ha attribuito al Governo le lentezze già scontate alla Camera dalla proposta di legge: “Avevamo finito a gennaio ma ogni settimana c’era un ostacolo diverso che impediva di avere il parere del Governo”.
Paolo Butturini, segretario dell’Associazione stampa romana, ha ricordato che “l’iniziativa non riguarda un problema sindacale ma tocca il tema della libbertà di informazione della difesa dellarticolo 21 della costituzione”. Dura la presa di posizione del presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino: “Per fare una legge di questo genere servono 15 minuti. Perché il giornalista Peluffo (sottosegretario all’editoria, ndr) non fa il suo dovere e non esprime il parere? Dietro tutto questo c’è una sigla: da quando alla guida della Fieg, la federazione degli editori c’è un giornalista (il presidente dell’Ansa, Giulio Anselmi, ndr) stanno sorgendo tutti questi problemi”.  (TMNews)

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