FANO (Pesaro-Urbino) – “Ho sbagliato, ho sbagliato…non mi sono reso conto…”. Gli occhi pieni di lacrime, lo sguardo perso nel vuoto, sono state queste le parole di don Giangiacomo Ruggeri subito dopo l’arresto per abusi sessuali su una ragazzina di 13 anni. Nonostante i suoi 43 anni, “sembrava un bambino”, ha detto un investigatore.
“Sono un padre di famiglia anche io, non potevo lasciar passare sotto silenzio atteggiamenti come quelli di don Giangiacomo Ruggeri, non certo consoni al suo ruolo. Così ho avvisato la polizia”. Così la persona che con la sua testimonianza ha fatto arrestare il portavoce quarantatreenne del vescovo di Fano con un’accusa gravissima: atti sessuali consumati in spiaggia, su una ragazzina di 13 anni, e atti osceni in luogo pubblico.
Anche altri clienti, conoscenti o parrocchiani a Orciano di don Ruggeri, che fino a ieri era anche direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, hanno assistito alle effusioni sotto l’ombrellone, successivamente filmate di nascosto dagli agenti del commissario Silio Bozzi. Una prova schiacciante, che ha indotto il gip Lorena Mussoni a firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il sacerdote.
Rinchiuso in isolamento a Villa Fastiggi, verrà interrogato lunedì, mentre la polizia sta cercando di ricostruire se nel suo passato ci siano episodi di molestie o abusi su altre ragazzine. La tredicenne verrà ascoltata dal sostituto procuratore della Repubblica dei minori di Ancona, Sante Bascucci, che raccoglierà anche le testimonianze di ragazze e ragazzi della parrocchia, e dei gruppi scout e giovanili di cui don Ruggeri, sospeso ieri da ogni incarico pastorale da mons. Armando Trasarti, è stato assistente spirituale. Nell’alloggio del sacerdote e in parrocchia, la polizia ha sequestrato un pc e supporti informatici.
Il portavoce del vescovo di Fano, don Giangiacomo Ruggeri, 43 anni, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, è stato arrestato con l’accusa di aver abusato di una ragazzina di 13 anni. Immediata la reazione del vescovo mons. Armando Trasarti, che ha espresso “sconcerto e dolore per la gravità” dell’accaduto, e “piena solidarietà a chi è stato oggetto di abuso, con l’impegno di essere disponibile all’incontro e all’ascolto”. Anche se le ipotesi di reato “andranno opportunamente verificate”, il vescovo ha sospeso don Ruggeri “da ogni ministero pastorale e da ogni atto sacramentale”, e prega per tutti, “perché il Signore illumini e conforti”. Sotto choc la città, in cui don Ruggeri, aspetto piacevole e modi affabili, era fino ad oggi “il” sacerdote dei ragazzi.
Parroco a Orciano, giornalista collaboratore di “Avvenire”, già vice direttore del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile della Cei, Giangiacomo è assistente ecclesiastico dell’Associazione cattolica guide e Scout d’Europa, branca Scolte. Esperto di new media, docente di teologia nell’Istituto teologico marchigiano, è un volto noto per la stampa locale, e le radio ed emittenti tv. Secondo il pm di Pesaro, Manfredi Palumbo, però, avrebbe approfittato di una quasi bambina, probabilmente una delle tante che frequentano i vari centri di aggregazione giovanile in cui don Ruggeri è di casa.
A segnalare che qualcosa nel modo di fare del prete non andava sono state persone che l’hanno visto in compagnia della ragazzina. E pare che già in passato, a Orciano, il sacerdote avesse avuto un diverbio molto acceso con il padre di una giovanissima. Oggi una donna racconta ai cronisti che quando portava i gruppi al mare, il don faceva spegnere i telefonini delle ragazze, “per non avere interferenze”. Voci di paese, tutte da confermare. Ora l’inchiesta – sequestrati il pc e vari documenti e supporti informatici nell’alloggio dell’indagato – dovrà accertare anche se vi siano stati altri comportamenti anomali da parte del prete.
Dell’indagine è stata informata per competenza anche la procura dei minori di Ancona. Quando la polizia è andata a prenderlo per rinchiuderlo in isolamento in una cella del carcere di Villa Fastiggi, la notizia dell’arresto di don Ruggeri ha fatto il giro della città in pochi minuti. “Stiamo cercando di capire cosa sta succedendo, di metterci la testa”, dice il fratello Giovanni, anche lui giornalista, interpellato al telefono. “Non c’era alcun sospetto, non posso crederci”, mormora Domenico, un laico seduto, affranto, nella sala d’attesa della Curia arcivescovile insieme ad altri collaboratori di mons. Trasarti, mentre il vicario mons. Giuseppe Tintori liquida i cronisti con un “non so nulla, arrivederci”.
Poi ieri, poco prima delle 20, con un messaggio diffuso attraverso l’Ansa, mons. Armando Trasarti rompe gli indugi. Una presa di posizione rispettosa di tutte le parti in causa ma molto netta. Nessuna difesa d’ufficio, in una vicenda che porta nuovamente in primo piano uno dei nodi in parte ancora irrisolti della Chiesa contemporanea: come affrontare il coinvolgimento di preti e religiosi nelle inchieste penali per pedofilia. Trasarti, un vescovo che ha autorizzato il funerale in chiesa di un imprenditore suicida per la crisi, “perché la Chiesa sa la fatica degli uomini”, e ha progettato una casa di accoglienza per padri separati, ha scelto: solidarietà con i più deboli e piena fiducia nella giustizia degli uomini. Sperando, che le accuse a don Ruggeri non trovino conferma. (Ansa)
A denunciare il prete giornalista è stato Marco Mandolini, 37 anni, titolare con il fratello Mauro, 31 anni, dei Bagni Torrette a Fano. “Sono un padre di famiglia anche io, non potevo lasciar passare sotto silenzio – ha dichiarato – atteggiamenti come quelli di don Ruggeri, non certo consoni al suo ruolo. Così ho avvisato la polizia”. I Bagni Torrette a Fano sono uno stabilimento a conduzione familiare, ombrelloni color arancio e blu, spiaggia tranquilla, frequentata per lo più da famiglie con bambini. Don Ruggeri Mandolini non lo conosceva personalmente, ma sapeva chi era, anche se al mare il sacerdote arrivava in abiti casual e costume da bagno. “Non ci ho pensato neppure un attimo ad avvisare chi di dovere”, ha sottolineato
Marco Mandolini, consapevole che “mi cercheranno tutti, ma non vorrei stare tanto a rimestare in una vicenda amara. So che ho fatto bene a denunciarla, ma non mi sento certo l’uomo del giorno e non vorrei tanta pubblicità”.
“Mi sono messo – ha spiegato il bagnino – nei panni dei genitori della ragazzina: abbiamo fatto la nostra parte, quello che dovevamo fare. Ho la coscienza a posto. E so che anche alcuni clienti, che ci avevano fatto notare la faccenda, hanno preso anche loro iniziative”.
Mandolini si è rivolto al commissario Silvio Bozzi “a inizio stagione”, cioè a giugno, quando il sacerdote si è presentato per la prima volta in spiaggia con la ragazzina.
Da lì sono cominciati appostamenti di polizia, pedinamenti e filmati con le telecamere nascoste. A volte il don arrivava solo, a volte con la ragazzina oggetto delle sue attenzioni morbose, mentre in altre occasioni erano presenti anche altri giovani e ragazze. “In quelle circostanze – ha aggiunto il bagnino – sembrava tutto più normale”. Con la tredicenne c’erano baci, carezze? «Non mi faccia entrare nei particolari, è già abbastanza penoso così”.