Il rapporto annuale di “Information Safety and Freedom” posiziona l’Italia al pari di Guyana e Hong Kong

“Stampa leggermente più libera nel dopo Berlusconi”

David J. Kramer

NEW YORK (Usa) – La libertà di stampa è leggermente aumentata in Italia con le dimissioni di Silvio Berlusconi da premier, ma il Paese resta tuttavia “parzialmente libero”, anche a causa dell’influenza del Cavaliere.
È quanto si apprende dal rapporto “Freedom of the Press 2012” di Freedom House, organizzazione indipendente statunitense che ogni anno pubblica i dati relativi alla libertà di stampa nel mondo. Il nostro Paese è un raro esempio di nazione non “libera” in Europa occidentale e si posiziona al pari di Guyana e Hong Kong. Per la prima volta in otto anni, la situazione globale nel complesso non è peggiorata.
A guidare la classifica, Finlandia, Svezia e Norvegia. “Il peggio del peggio” è riscontrato in otto Stati: Bielorussia, Cuba, Guinea equatoriale, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Turkmenistan e Uzbekistan. Il punteggio degli Stati Uniti è scivolato a causa della repressione da parte delle forze di polizia del movimento e dei giornalisti che hanno seguito “Occupy Wall Street”.
Lo scandalo dei media ha danneggiato la posizione del Regno Unito, che resta comunque Paese “libero”. Grande attenzione è rivolta alla situazione dei Paesi della Primavera araba: “La recente apertura degli ambienti multimediali in Paesi come la Tunisia e la Libia, pur tenue e lontana dall’essere perfetta, è fondamentale per il futuro dello sviluppo democratico nella zona e deve essere nutrita e protetta”, ha sottolineato il presidente di Freedom House, David J. Kramer.
La Cina e le nazioni autoritarie in Africa e Medioriente, si legge nella relazione, hanno censurato le notizie della primavera araba. In Uganda, Angola e Gibuti, “le autorità hanno represso, a volte violentemente, i giornalisti che coprono le manifestazioni”.
Cina, Russia, Iran e Venezuela sono segnalati nel rapporto come Paesi in cui “vengono detenuti i critici, chiusi mezzi d’informazione e condotti procedimenti penali contro giornalisti”. Il controllo della televisione e della radio da parte dello Stato, si legge ancora, è alla base del sistema mediatico in molti Paesi, tra cui Russia, Venezuela, Zimbabwe, Cina e Vietnam. Diverse democrazie hanno minato l’ambiente ideale per la libertà di stampa, come il Cile e l’Ungheria, che passano da “liberi” a “parzialmente liberi”.
“Il Messico resta “uno dei posti più pericolosi al mondo per i giornalisti”. In generale, sul totale di 197 Paesi analizzati lo scorso anno, 66 sono “liberi”, 72 “parzialmente liberi” e 59 “non liberi”. Soprattutto a causa della Cina, che vanta “il sistema più sofisticato al mondo per quanto riguarda la repressione dei media”, Freedom House indica che il 40,5%della popolazione mondiale vive in un ambiente dove la stampa non è libera, il 45% in situazioni parzialmente libere, solo il 14,5% in Paesi liberi. (LaPresse/Ap) Il rapporto 2012

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