ROMA – A giudizio per aver preso contributi all’editoria in modo indebito. Il senatore del Pdl e imprenditore Giuseppe Ciarrapico è stato mandato a processo dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Roma Nicola Di Grazia.
Il rinvio disposto dal gup comprende il figlio dell’imprenditore, Tullio, e altre 10 persone. I reati contestati dal pm Simona Marazza vanno dalla truffa aggravata ai danni dello Stato al favoreggiamento; dalla violazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle società, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Il giudice ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione ai fatti in contestazione avvenuti tra il 2002 e il 2003, nonché nei confronti della società Nuova Editoriale Oggi (reato prescritto) e della Editoriale Ciociaria Oggi srl (società fallita). Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio si è costituita parte civile con l’avvocato Massimo Giannuzzi.
Il processo prenderà il via il 28 giugno prossimo, davanti al tribunale monocratico della capitale. Le indagini che hanno riguardato Giuseppe Ciarrapico e gli altri, per cui oggi il gup di Roma ha disposto il processo, sono state eseguite dai militari della Guardia di finanza, nucleo speciale di polizia valutaria, diretti dal generale Leandro Cuzzocrea.
Gli investigatori, nel maggio 2010, eseguirono anche una serie di sequestri preventivi a Roma, Milano e in altre città, tra cui immobili, quote societarie, conti correnti ed una imbarcazione ormeggiata a Gaeta. I decreti emessi dal gip tra il dicembre 2007 e il novembre 2010 sono stati previsti dal pubblico ministero come fonti di prova. Secondo la ricostruzione della Gdf il gruppo avrebbe causato un danno all’erario da oltre 45 milioni di euro.
I fondi – per il pm – sono stati ottenuti “attraverso artifizi e raggiri consistiti nel presentare una falsa situazione di fatto e contabile delle predette società, in particolare fornendo false dichiarazioni relative all’insussistenza delle condizioni di incompatibilità”, ossia che “non fruiscano delle medesime provvidenze imprese collegate con l’impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano; nonché attestando falsamente che la maggioranza del relativo capitale sociale era posseduta da società cooperativa, quest’ultima risultata, di fatto, svuotata si un seppur minimale potere decisionale”.
Così facendo, l’Ufficio editoria servizio provvidenze della presidenza del consiglio dei ministri sarebbe stato indotto in errore e diede l’ok ai benefici di legge. Secondo il pm le due società diverse in realtà sarebbero state di fatto un’unica impresa. Tutto ciò ha consentito, eludendo le norme, “di incassare il doppio di quanto spettasse”.
Secondo l’accusa, inoltre, alcune persone vicine a Ciarrapico, appresa la notizia delle indagini in corso, avrebbero anche cercato di occultare documenti. (TMNews)