Suicidio assistito in Svizzera per il giornalista, fondatore de ”Il Manifesto” e protagonista della sinistra dissidente

Lucio Magri ha deciso di morire

Lucio Magri

ROMA – Ha scelto il suicidio assistito in Svizzera, Lucio Magri, fondatore nel 1969  de “Il Manifesto” e protagonista della sinistra eretica. E’ morto così, ieri sera, a 79 anni, accompagnato nel suo ultimo viaggio da un amico medico, dal quale, dicono gli amici, si era già recato altre volte, per poi tornare indietro, in Italia, perché non era profondamente convinto. Ma ieri la convinzione è arrivata. Magri era partito venerdì scorso per la Svizzera perché  “non ce la faceva a morire da solo, così il suo amico medico l’avrebbe aiutato. – scrive Repubblica, che gli dedica due pagine, ripercorrendo la sua ‘storia a sinistra fuori dagli schemi’ – S’era raccomandato con i suoi amici più cari, quelli d’una vita, i compagni del Manifesto. Non voglio funerali, per carità, tutte quelle inutili commemorazioni. Necrologi manco a parlarne”.
“Morto per sua volontà, perché vivere gli era diventato intollerabile”, prosegue l’articolo di Repubblica. “Una depressione vera, incurabile. Un lento scivolare nel buio provocato da un intreccio di ragioni, pubbliche e private. Sul fallimento politico – conclamato, evidentissimo – s’era innestato il dolore privato per la perdita di una moglie molto amata, Mara, che era il suo filtro con il mondo”.
“Le pompe funebri andranno a prelevarlo in Svizzera, tutto era stato deciso nel dettaglio. L’ultimo viaggio, questo sì davvero l’ultimo, è verso Recanati, dove sarà seppellito vicino alla sua Mara, nella tomba che lui con cura aveva predisposto dopo la morte della moglie”. Scomparsa per un tumore.
Fa eco a quello di Repubblica il ricordo del Manifesto: “La vita gli era diventata insopportabile, sia sul piano politico che su quello personale, si legge oggi sul quotidiano – senza di lui non sarebbe nato il gruppo del Manifesto dopo i fermenti del ‘68”.
Magri sarà, dunque, seppellito a Recanati, dove era nato nel 1932.

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