KABUL (Afghanistan) – Una scuola color blu cobalto che fa bella mostra di sé nel villaggio afghano di Kush Rod, ad un’ora di macchina da Herat City, interpreta a dieci anni dalla sua morte, lo spirito vivo di Maria Grazia Cutuli, l’inviata del “Corriere della Sera” barbaramente uccisa il 19 novembre 2001 mentre cercava di raggiungere Kabul, capitale dell’Afghanistan appena abbandonata sei giorni prima dai talebani.
Insieme allo spagnolo Julio Fuentes di “El Mundo” e all’australiano Harry Burton della Reuters (cha aveva con sé il fotografo afghano Azizulah Haidari) aveva organizzato il viaggio da Jalalabad, sulla scia di decine e decine di inviati dei giornali di tutto il mondo.
Erano appena 140 chilometri di strada sconnessa e tortuosa, ma allo stesso tempo affascinante e selvaggia, con scorci di una bellezza sconcertante come la gola di Tangi Gharu, accompagnata dalla ripida discesa del fiume Kabul, dove era appostata la banda che avrebbe segnato la sua fine e quella dei suoi compagni di viaggio.
E’ incredibile dirlo, ma dopo un decennio, non c’è nulla di realmente provato su cosa successe nei concitati momenti in cui quel giorno Maria Grazia e gli altri trattarono il passaggio con cinque o sei uomini armati. Un uomo, Reza Khan, che si è autoaccusato per poi ritrattare, è stato comunque giustiziato nel 2007.
Un altro è stato invece prosciolto. Si disse che potevano essere talebani, membri di Al Qaida, miliziani dell’Alleanza del Nord, o delinquenti comuni.
Tutto e il contrario di tutto, e questo dubbio di fatto resiste anche al trascorrere del tempo. “Il gruppo di Reza Khan – ha detto all’Ansa Gul Said, che negli anni ‘90 lavorava al ministero della Giustizia e che ha seguito le indagini delle magistrature afghana e italiana – non aveva connotazione ideologica. Attaccava i convogli per taglieggiare i passeggeri. Ed è provato che anche in questo caso i suoi membri depredarono i giornalisti del denaro e si divisero un centinaio di dollari a testa”.
“Ma qualcosa che gli interrogatori non hanno chiarito – ha aggiunto – comporto’ un aggravamento della situazione e la decisione di sparare alla gamba di uno dei quattro, di usare una particolare violenza nei confronti di Maria Grazia, e poi di uccidere tutti”.
Ancora oggi il distretto di Sorabi dove si trova la gola di Tangi Gharu è pericolosissimo e quando nel luglio scorso la responsabilità della sicurezza della provincia di Kabul e passata dai militari stranieri ad esercito e polizia afghani, quel distretto “maledetto” è stato escluso perchè ancora infestato da militanti armati antigovernativi.
Dopo dieci anni, a lottare perchè persista la memoria di una valorosa ed altruista giornalista in Afghanistan resta, a parte la targa collocata nell’ambasciata d’Italia dal sindaco di Milano nel 2006, la scuola di Kush Rod, finanziata dalla Fondazione Cutuli e realizzata con la collaborazione del contingente italiano ad Herat. Là, collocata in un paesaggio secco e polveroso di aspra bellezza, con sullo sfondo le scure montagne dell’Hindu Kush, la “Maria Grazia Cutuli School” vive ormai dallo scorso aprile la sua quotidiana vita di normalità, dove bambini e bambine studiano ogni giorno per contribuire a quell’Afghanistan di pace e giustizia che Maria Grazia sperava possibile.
Mentre Catania le intitola lo slargo all’incrocio tra via Asiago e via Messina a Catania: ora si chiama Largo Maria Grazia Cutuli. A scoprire la targa è stato il sindaco, Raffaele Stancanelli, nel giorno del decimo anniversario della morte della giornalista catanese, inviata del Corriere della Sera uccisa con altri tre colleghi in un agguato in Afghanistan, il 19 novembre del 2001. Alla cerimonia di intitolazione erano presenti anche due fratelli dell’inviata.
“Intitolare una strada a Maria Grazia Cutuli nel decimo anniversario della sua scomparsa – ha detto il sindaco Stancanelli – non è solo un fatto formale. Con questa cerimonia abbiamo voluto, infatti, dare il nostro contributo per ricordare una giornalista che è stata in trincea e che ha fatto del suo lavoro una vera e propria missione. Ringrazio la famiglia che con la Fondazione dedicata a Maria Grazia lavora incessantemente per mantenere vivo il suo ricordo”.
Proprio quest’anno il Comune di Catania è entrato anche a far parte della Fondazione, presieduta da Mario Cutuli fratello di Maria Grazia. “Ringrazio due volte il sindaco di Catania – ha detto Mario Cutuli – per aver deciso entrare a far parte della Fondazione e per aver intitolato una via a mia sorella. La scelta di questo luogo non è casuale: siamo a due passi dal mare, da piazza Europa e corso Italia, luoghi che incrociano i percorsi di Maria Grazia”.
Due segni tangibili, a Kabul e a Catania, onorano la memoria della giornalista del Corriere a dieci anni dalla morte