Con la nostra petizione siamo stati facili profeti di un destino segnato dall’attacco politico alle professioni

L’Ordine dei Giornalisti spieghi silenzi e omissioni

ROMA – “Le prospettate liberalizzazioni – che verranno riproposte dopo la pausa estiva – incideranno sulla professione di giornalista che verrà snaturata nella propria identità, nella propria indipendenza, oltre che nel trattamento economico”.
Il 22 luglio scorso siamo stati facili profeti di un destino, quello dell’Ordine dei Giornalisti, frutto di un attacco politico di ampio respiro alle professioni italiane. La petizione contro l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, lanciata da Giornalisti Calabria, contiene infatti l’appello di giornalisti professionisti e pubblicisti che, senza mezzi termini, hanno denunciato l’attacco alla professione di giornalista.
Evidenziando che “l’’esistenza degli Ordini è fondamentale per garantire tutela e autonomia ai giornalisti italiani”, avevamo ricordato che il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti aveva deliberato che “la professione di giornalista va egualmente difesa e tutelata nelle componenti dei professionisti e dei pubblicisti, che hanno pari dignità anche rappresentativa”, assumendoci l’impegno, ai vari livelli istituzionali e associativi, a perseguire questo obiettivo in ogni azione e determinazione.
I giornalisti italiani che hanno sottoscritto la petizione – i nomi figurano in calce alla stessa nell’apposita sezione di questo giornale – hanno sentito l’esigenza di mobilitarsi per contrastare ogni azione politica e legislativa diretta, da un canto, ad abolire gli Ordini professionali e segnatamente l’Ordine dei Giornalisti, dall’altro a sacrificare gli irrinunciabili valori di indipendenza e autonomia della professione di giornalista.
Allo stesso tempo, avevamo invitato i giornalisti italiani a contrastare atti legislativi di politici che tendono a ledere la pari dignità delle due componenti (professionisti e pubblicisti) nell’esercizio professionale e nelle rappresentanze istituzionali e associative.
Avvertiamo il bisogno di ringraziare quanti, ad ogni livello, hanno sottoscritto la petizione e continuano a lottare in difesa della professione. Allo stesso tempo, riteniamo che i consiglieri nazionali dell’Ordine dei giornalisti hanno il dovere di assumersi, davanti a tutti i giornalisti italiani, la responsabilità di spiegare chiaramente – e senza omissioni di sorta – il motivo per il quale la VII Commissione Cultura della Camera dei deputati è stata messa nelle condizioni di dichiarare, per via della mancata notifica ufficiale del documento, di non essere a conoscenza della volontà dell’Ordine dei giornalisti espressa nell’ordine del giorno votato dal Consiglio nazionale, riunito a Roma l’11 e 12 aprile scorsi, nel quale veniva rivolto al Parlamento l’invito a “proseguire l’iter legislativo e a riesaminare le questioni dell’accesso alla professione, del ricongiungimento professionale e dell’istituzione del Giurì d’Onore dell’Ordine dei giornalisti specificato nel progetto di riforma dell’Ordine, votato all’unanimità il 16 e 17 ottobre 2008 a Positano”.
Un fatto grave, considerato che l’ordine del giorno seguiva la mozione ex art. 37 D.D. 18/7/2003, sottoscritta, il 30 marzo scorso, da ben 80 consiglieri su 120 presenti dei 150 effettivi, con la quale il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti invitava il presidente, Enzo Iacopino (che non l’aveva sottoscritta), ad esprimere “parere negativo” alla riforma proposta dal Comitato ristretto della VII Commissione della Camera dei deputati.
Ancora più grave appare la mancanza di risposte adeguate alla minaccia rappresentata dall’introduzione, nel testo varato dal Parlamento, di un emendamento all’art. 29 del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, in base al quale, “ferme restando le categorie per il cui accesso è previsto l’Esame di Stato (cui l’esame di idoneità professionale per i giornalisti è assimilato), il Governo si riserva di formulare proposte di liberalizzazione di servizi e attività; decorsi otto mesi dalla data di entrata in vigore del suddetto D.L., tutto ciò che non sarà regolamentato sarà libero”.
Se all’Ordine dei giornalisti potrebbero sopravvivere i circa 20mila professionisti, sarebbero cancellati gli oltre 70mila pubblicisti, per l’iscrizione dei quali non è previsto l’esame di Stato. Decapitato del 75 percento degli iscritti, l’Ordine difficilmente riuscirebbe a sopravvivere.

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