
Precisa Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera: “Il problema c’è. Lo scandalo è la pubblicazione di intercettazioni che attengono perlopiù alla vita politica e privata di singoli individui. E’ un gioco al massacro che va fermato”.
Era stato Angelino Alfano, ministro della Giustizia, a sollevare il problema ritenendo “penalmente irrilevanti” e “non gratis” le intercettazioni pubblicate in questi giorni relative allo scandalo della P4. Il guardasigilli aveva poi aggiunto che secondo le ultime stime il debito accertato nei confronti degli operatori telefonici si aggira intorno a un miliardo di euro.
Alfano ha, inoltre, ricordato che nell’ottobre del 2008, pochi mesi dopo l’inizio del suo mandato come ministro, le ditte che fornivano il materiale per le intercettazioni avevano minacciato di bloccare il servizio perché non pagate. Grazie al suo intervento, i costi delle intercettazioni sarebbero diminuiti nel loro importo complessivo di un terzo.
Henry John Woodcock, il pm titolare dell’inchiesta sulla P4 insieme al giudice Francesco Curcio, difende la scelta delle intercettazioni perché “gli atti processuali sono stati già esaminati da un giudice e saranno esaminati da altri giudici” che hanno condiviso l’uso delle registrazioni dei colloqui telefonici come strumento d’indagine.
L’opinione di Woodcock è condivisa da Giovandomenico Lepore, procuratore capo di Napoli: “La rilevanza o meno delle intercettazioni va valutata dal magistrato requirente e dal giudice giudicante, cosa che è regolarmente avvenuta.
Eravamo obbligati a depositare le intercettazioni per metterle a disposizione della difesa”. Sul costo precisa: “Se il governo pensa che gravino troppo sul bilancio, le vieti. La crisi economica non può bloccare il lavoro dei magistrati”.
Il guardasigilli replica: “Quando i pm di Napoli affermano che è l’autorità giudiziaria a dover valutare la rilevanza di un’intercettazione dicono una ovvietà. Conoscere i particolari della vita privata di alcuni degli intercettati, né indagati né coinvolti nell’indagine ma solo casualmente ascoltati doveva imporre però ben altra prudenza nella selezione del materiale da depositare”.
Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, pur condividendo la necessità di un intervento per meglio disciplinare le intercettazioni, segnala che “da quelle pubblicate in questi giorni si colgono, soprattutto in personaggi non politici, atteggiamenti poco nobili”.
Contro un intervento legislativo prende posizione Massimo D’Alema, Pd, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza: “Mi sembrerebbe del tutto inopportuno intervenire per decreto. Il governo Prodi aveva presentato un disegno di legge. Il governo Berlusconi lo ha scartato, puntando su una proposta che anziché proteggere, come giusto, la privacy, puntava a limitare l’uso delle intercettazioni come strumento d’indagine”.
Netto anche il no di Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc: “Una legge sulle intercettazioni in questa fase sarebbe intempestiva e sbagliata”. “Come sempre, quando le intercettazioni permettono di fare emergere il marcio che spesso unisce politica e malaffare, la maggioranza grida alla lesa maestà”, dice Felice Belisario, capogruppo dell’Idv al Senato.
Intervistato nella trasmissione “Otto e mezzo” su La7, prende posizione il presidente della Camera, Gianfranco Fini: “Mi auguro che da parte del governo si riponga nel cassetto l’idea di intervenire con un decreto. Vorrei trovare un solo studente di diritto costituzionale, non un docente, che sia pronto a dire che sia rispettato il requisito costituzionale di necessità e urgenza”.
Sul tema intercettazioni interviene pure Giulia Bongiorno, Fli, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio: “Esiste un testo sulle intercettazioni sul quale era stato trovato un accordo con il ministro Alfano. Era arrivato in Aula ed era un testo abbastanza equilibrato. Non riesco a capire perché sia stato bloccato dalla maggioranza”.