
Domenico Del Rio intervista Papa Giovanni Paolo II
CITTA’ DEL VATICANO – Venticinque anni fa la Sala Stampa della Santa Sede prese la severa decisione di escludere dal volo papale per Venezuela, Ecuador, Perù e Trinidad e Tobago l’inviato di Repubblica, Domenico del Rio, a causa di un’inchiesta molto critica sulla “novità” dei viaggi papali che stava caratterizzando il Pontificato di Wojtyla.
Del Rio dunque era stato “scacciato” dall’aereo del Papa, come descrisse una vignetta di Forattini. E ciò provocò una vera e propria “rivolta” dei vaticanisti a difesa della libertà di critica.
Furono mesi difficili, anzi anni. Ma a un certo punto il portavoce Joaquin Navarro Valls si ritrovò accanto un alleato inatteso, lo stesso Del Rio che Giovanni Paolo II aveva conquistato, tanto che il suo ultimo libro – uscito postumo nel 2003 – si intitola “Karol il Grande”. Anche per questo la vicenda merita di essere ricordata.
“Si dice che in Inghilterra – aveva scritto Del Rio senza citare la fonte – a tre anni di distanza dalla visita del Papa, la Chiesa Cattolica non abbia ancora finito di pagare i propri debiti. In Canada, in cui il giro di Wojtyla fu uno dei più grandiosi e dispendiosi, fu costituito un comitato di finanziatori e di coordinatori dei finanziamenti. La cinquantina di persone che ne faceva parte ebbero, come premio, un posto sull’aereo che da Ottawa riportava il Papa a Roma.
Noto, d’altra parte, che quasi in ogni viaggio, almeno nei paesi ricchi, c’è sempre una raccolta di offerte, che vengono donate al Papa affinché le usi per scopi di carità”. “I vescovi – elencava l’articolo – devono pensare anche al mantenimento e all’alloggio del personale laico (guardie svizzere, vigilanza vaticana) ed ecclesiastico, che è a seguito del Pontefice. Per non dire dell’alloggio e dei pranzi del Papa stesso”.
A queste considerazioni Del Rio aveva aggiunto i pareri – tutti negativi sull’operato del Papa polacco, all’epoca ancora inviso ai media – di teologi e storici. Tra questi a offendere di più Giovanni Paolo II erano state le parole particolarmente sprezzanti del teologo spagnolo Diez Alegria, che aveva parlato dei viaggi come di una tentazione demoniaca subita dal Pontefice.
“Non fu una cosa seria, fu piuttosto un incidente dovuto all’impuntatura dell’ambiente vaticano”, disse anni dopo Del Rio, che era un ex frate francescano poi tornato alla fede – ironia della storia – proprio grazie a Wojtyla e a un suo viaggio in Africa (al quale partecipava come inviato della Radio Vaticana anche un giovane gesuita, padre Federico Lombardi, poi successore di Navarro).
L’episodio che impressionò Del Rio – facendogli cambiare parere sul Papa prima ancora che sui viaggi – racconta il vaticanista e scrittore Gianfranco Svidercoschi, biografo di Giovanni Paolo II e ex vice direttore dell’Osservatore Romano – accadde nel 1992 in Angola. In quel paese distrutto dalla guerra, sotto i nostri occhi Karol Wojtyla si inchinò per entrare nella capanna di fango della famiglia poverissima di un catechista, per Del Rio fu il gesto dell’unico grande della terra capace di inchinarsi sulle ferite degli ultimi”.
Purtroppo undici anni dopo un male incurabile uccise il grande inviato della Repubblica, che sul letto di morte volle affidare al collega Luigi Accattoli un saluto per il suo Papa. “Vuoi dire qualcosa a qualcuno?” gli aveva chiesto l’amico. “Al Papa! Vorrei far sapere al Papa che lo ringrazio, vedi tu se puoi farglielo sapere. Che lo ringrazio, con umiltà, per l’aiuto che mi ha dato a credere. Io avevo tanti dubbi e tanta difficoltà a credere. Mi è stata di aiuto la forza della sua fede. Vedendo che credeva con tanta forza, allora anche io un poco mi facevo forza”.
Del Rio confidò di trovare coraggio in quel “vederlo pregare, quando – disse – il Papa si mette in Dio e si vede che questo mettersi in Dio lo salva da tutto. Ho scritto un libretto sulla fede del Papa, quello intitolato «Roveto ardente». Lì è spiegato che cosa intendo per mettersi in Dio. Ho cercato di fare come lui. E quei dubbi non li ho superati, ma non li ho più considerati. E come se li avessi messi in un sacco e li avessi lasciati mettendomi in Dio, come ho imparato a fare dal Papa. Di questo lo ringrazio. Da nessuno mi è venuto tanto aiuto come dalla sua fede”.
“Vuoi dire al Papa anche qualcosa che riguardi il Pontificato?”, chiese allora Accattoli. “No, non voglio dare giudizi”. “Però di giudizi ne abbiamo dati tu e io, in tanti articoli e libri: abbiamo fatto cinque libri a testa su questo Papa!”, gli ricordò Accattoli. “Io sei – replicò Del Rio – quando mi sono ricoverato, avevo appena consegnato alle Paoline un volume intitolato Karol il Grande. Apparirà dopo… dopo. Speriamo che mantengano il titolo, perché a volte lo cambiano”.
“Se si intitola Karol il Grande dei giudizi ci saranno!”, osservò lo storico vaticanista del Corsera. “I giudizi ci sono. Ma vengono dopo «Roveto ardente» e sono ispirati a quella riflessione sulla fede del Papa”. “In tutta questa conversazione durata tre ore, Mimmo – racconta Accattoli sul suo blog – era sereno e spesso sorridente. Gli ho detto: «Posso tornare». Mi ha risposto: «Questo era l’ultimo saluto». «Allora dammi la tua benedizione», gli ho detto e l’ha fatto con un gesto della mano. Sulla porta mi sono fermato a salutarlo con la mano e gli ho detto: «Addio Mimmo». Ha ricambiato, visibilmente contento e ha ripetuto: «Saluta tutti»”.
CHI ERA DOMENICO DEL RIO – Nato a Roma nel 1926, svolse gli studi nel seminario di Piacenza, dove rimase fino al ginnasio, passando poi dopo un’interruzione di qualche anno, ai frati minori, tramite la conoscenza di padre Gemelli. Negli anni Settanta chiese la riduzione allo stato laicale, per sposare sua moglie Janja Raguz. Il successo professionale come giornalista e scrittore gli permise di superare l’isolamento e le difficoltà nel percorso di fede in cui si trovò per l’uscita dall’ordine francescano.
È stato vaticanista del quotidiano “La Repubblica”; notista de “La Stampa” e di “Avvenire”. Premio Pontano ’95 per il giornalismo.
Ha scritto numerose biografie e romanzi su temi religiosi.
Tra le sue pubblicazioni: Memorie del Concilio, 1985. L’ultimo di Malachia, 1985 (romanzo). Uomini e Dio, 1987. Wojtyla, Il nuovo Mosè, 1988 (in collaborazione con Luigi Accattoli). Il vescovo e la piovra, 1990, in collaborazione con Monsignor Riboldi. San Pietro e il Cremlino, 1991. Wojtyla, un pontificato itinerante, 1994. L’anima quotidiana, 1996.
Il suo ultimo libro è uscito postumo con il titolo Karol il Grande. E’ morto il 26 gennaio 2003.