ROMA – Tornano a crescere gli investimenti pubblicitari nell’editoria. Ma non per tutti i mezzi, e poi c’è sempre la tv che continua ad assorbire la quota maggiore degli investimenti, finendo con l’essere una “anomalia” del mercato pubblicitario nazionale che non si vede da nessun’altra parte tra i Paesi ad economia avanzata. Lo dice la relazione della Fieg che fotografa lo stato di salute dell’editoria nel periodo 2008-2010 e presentata oggi.
Nel rapporto firmato da Federico Megna, responsabile dell’Ufficio studi Fieg, è sottolineato che nel 2009 la recessione ha investito “violentemente” il mercato pubblicitario che è arretrato del 13,4 per cento. Le conseguenze sono state accusate “trasversalmente da tutti i media”, con una sola eccezione: internet. Lo scorso anno, invece, ecco la controtendenza in positivo: gli investimenti pubblicitari sono tornati a crescere (+3,8 per cento), in sintonia con la leggera ripresa economica.
Ma attenzione ai facili entusiasmi, fa intendere la relazione: l’aumento non ha riguardato in misura omogenea tutti i mezzi. Infatti nel 2010 la stampa ha accusato un dato finale ancora di segno negativo (-4,3 per cento), con conseguente contrazione della quota di mercato, scesa dal 28,8 per cento al 26,6. Il risultato negativo è imputabile ai periodici (-5,4 per cento) e, soprattutto alla free press (-25,2 per cento), mentre i quotidiani a pagamento hanno mostrato una maggiore capacità di tenuta (-2,0 per cento).
Relativamente alle quote di mercato, la Fieg sottolinea che va ancora una volta segnalata “l’anomalia” del mercato pubblicitario italiano rappresentata dalla televisione che “continua a consolidare la sua posizione ed è arrivata a detenere un quota assai prossima al 60 per cento delle risorse investite dagli utenti nei mezzi classici”. E per la Fieg questa è “una situazione non riscontrabile in nessun altro paese ad economia avanzata”.
La recessione degli investimenti ha colpito tutti i media con la sola eccezione di internet