
Michele Santoro
ROMA – “Secondo me noi abbiamo un presidente del Consiglio che vuole fare l’autore televisivo, il giornalista, il conduttore de «La sai l’ultima?». Vuole persino fare il giudice, vuole fare tutto lui. Allora, è chiaro che siamo arrivati al punto di doverci chiedere se sia giusto, insomma, questo interventismo del nostro presidente del Consiglio o sia giusto riprendere una sana distinzione tra le varie funzioni che animano una società”.
Lo ha detto Michele Santoro, ieri sera ad “Annozero”, nell’anteprima dedicata alla sua vicenda in Rai, ovvero l’ordinanza con cui ieri la Corte d’Appello di Roma – sezione Lavoro – ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’azienda per ottenere la sospensione dell’esecuzione della sentenza del settembre 2009 che confermava il diritto di Santoro di lavorare come realizzatore e conduttore di programmi di approfondimento dell’informazione in prima serata.
Il conduttore ha esordito dicendo “mi piacerebbe fare una domanda a tutti coloro che hanno urlato contro l’ingerenza dei magistrati, i quali pretendono di decidere a che ora vanno i programmi e come si debbono fare i palinsesti”. “Ecco, mi pare che in questo caso in maniera un po’ contradditoria si sia chiesto al giudice di dire lui a che ora i programmi devono andare e addirittura al giudice sia stato di intervenire sull’organizzazione del lavoro.
Bene, io per esempio – ha aggiunto – potrei dirvi che se il giudice avesse accolto questa richiesta, dal punto di vista gli effetti sarebbero potuti essere devastanti, perché uno fa una trasmissione, la prepara, vende gli spazi pubblicitari e poi improvvisamente gli inserzionisti si ritrovano dalle nove di sera, dalle dieci di sera, quando hanno programmato gli spazi, alle due di notte, alle undici di sera oppure alle 24”.
“E’ chiaro – ha detto ancora Santoro – che sarebbe stata una cosa impensabile, naturalmente inammissibile. Ma non inammissibile per il giudice, sarebbe inammissibile per la tv e pure per un bambino, parliamoci francamente”. “Allora quale è il problema? Che noi dobbiamo poter tornare a parlare di televisione, e di parlare in televisione senza ingerenze esterne”.
Quindi, il conduttore ha sottolineato “per esempio il mio avvocato, persona molto tranquilla, ha detto «guardate che il problema delle vicende di Santoro dipendono soltanto dal fatto che Santoro ha un accordo con la Rai per fare questi programmi, e gli accordi vanno poi visti o cambiati oppure rispettati, non c’è un’alternativa a questo. Quindi, noi potremo tornare a parlare serenamente di televisione tutt’insieme, cioè gli autori potrebbero fare gli autori, i giornalisti potrebbero fare i giornalisti, e i direttori potrebbero fare i direttori”.
“Perché poi il giudice ha aggiunto poprio questo: «guardate non ci potete chiedere a noi di intervenire dall’esterno per risolvere i vostri problemi. Chi ha delle responsabilità, le eserciti». E allora perché questa situazione si complica? E’ perché – ha spiegato Santoro – abbiamo un presidente del Consiglio che vuole fare l’autore televisivo, il giornalista, il conduttore de «La sai l’ultima?», vuole persino fare il giudice, vuole fare tutto lui”.
Intanto, i legali della Rai affermano che “l’ordinanza, emessa alla Corte d’Appello di Roma, Sezione Lavoro, sul ricorso presentato dalla Rai sulla vicenda Santoro “ha confermato il potere di rappresentanza in giudizio del direttore generale Mauro Masi ed ha soprattutto affermato il legittimo esercizio del potere di vigilanza e controllo da parte della Rai sul palinsesto della emittente pubblica”.
I legali della Rai, Roberto Pessi e Maurizio Santori, non mancano di evidenziarlo, pur avendo l’ordinanza escluso l’esistenza di un danno grave ed irreparabile per la Rai, che era – precisano – il “presupposto indispensabile ai fini dell’emanazione del richiesto provvedimento di sospensione della sentenza di secondo grado fino al giudizio di Cassazione, la cui udienza è fissata per l’8 giugno prossimo”.
Il prof. Pessi e l’avvocato Santori sottolineano che l’ordinanza ha in particolare stabilito “che, in ordine alle concrete modalità di esecuzione della prestazione lavorativa da parte del giornalista, «hanno unicamente rilievo i poteri tipici e propri del datore di lavoro (estrinsecantisi nell’emanazione di indicazioni specifiche, oltre che nell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative)» i quali «spettano in via esclusiva alla parte datoriale (…) e non possono, in alcun modo, essere demandati ai provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria»”.
Il ricorso in questione riguardava la richiesta di ottenere la sospensione dell’esecuzione della sentenza del settembre 2009 con la quale è stato confermato il diritto di Michele Santoro, già riconosciuto dal Tribunale, di lavorare come realizzatore e conduttore di programmi di approfondimento dell’informazione destinati al pubblico di prima serata.