
“Il superamento della ‘soglia psicologica’ dell’1% rispetto al totale delle vendite retail – ha detto Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio eCommerce ‘business to consumer’ – è un dato positivo” che, tuttavia, considerati i diversi tassi di penetrazione nei vari settori (dal 12,5% del turismo a qualche centesimo di punto nell’alimentare, passando per il 4% dell’editoria), “evidenzia chiaramente le enormi potenzialità del commercio elettronico non ancora sfruttate nel nostro Paese”.
La nostra penetrazione dell’1%, infatti, si confronta con il 10% del Regno Unito, il 7% della Germania e il 5% della Francia, con una differenza ancora più marcata se ci si sofferma sulle categorie che rappresentano il grosso della spesa delle famiglie, ovvero alimentari e abbigliamento. La spesa media annua dell’acquirente italiano è, invece, allineata a quella dei consumatori online francesi e tedeschi con valori compresi tra gli 800 ed i 900 euro ed è significativamente più bassa di quella dei web shopper inglesi pari a oltre 1400 euro.
A crescere più impetuosamente è l’abbigliamento, che ha fatto registrare l’incremento più elevato, con il 43% di crescita rispetto al 2009, mentre tutti gli altri settori si fermano fra l’11 e il 19%, mentre, in valore assoluto, i maggiori contributi alla crescita vengono dal turismo, con un aumento da 443 milioni. “Nel 2010 si è aperto un nuovo capitolo per l’e-commerce italiano: superata la crisi dell’anno precedente tutti i numeri hanno ricominciato a crescere”, ha commentato Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
“Gli acquirenti online in Italia hanno raggiunto quota 8 milioni, spinti certamente anche da fenomeni sociali come Facebook, Twitter e tutti i siti in cui le persone entrano alla ricerca di relazione, informazione e svago e poi acquisiscono una dimestichezza tale da superare il divario tecnologico e quindi anche la sfiducia nel mezzo”. Migliora anche l’export, che cresce del 19% e raggiunge quota 1,05 miliardi, ma, nel complesso, è negativa la bilancia fra importazioni ed esportazioni, visto che il valore assoluto dell’import è pari ad oltre due miliardi, principalmente a causa di biglietteria aerea e prenotazioni di hotel.
La nostra penetrazione dell’1%, infatti, si confronta con il 10% del Regno Unito, il 7% della Germania e il 5% della Francia, con una differenza ancora più marcata se ci si sofferma sulle categorie che rappresentano il grosso della spesa delle famiglie, ovvero alimentari e abbigliamento. La spesa media annua dell’acquirente italiano è, invece, allineata a quella dei consumatori online francesi e tedeschi con valori compresi tra gli 800 ed i 900 euro ed è significativamente più bassa di quella dei web shopper inglesi pari a oltre 1400 euro.
A crescere più impetuosamente è l’abbigliamento, che ha fatto registrare l’incremento più elevato, con il 43% di crescita rispetto al 2009, mentre tutti gli altri settori si fermano fra l’11 e il 19%, mentre, in valore assoluto, i maggiori contributi alla crescita vengono dal turismo, con un aumento da 443 milioni. “Nel 2010 si è aperto un nuovo capitolo per l’e-commerce italiano: superata la crisi dell’anno precedente tutti i numeri hanno ricominciato a crescere”, ha commentato Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
“Gli acquirenti online in Italia hanno raggiunto quota 8 milioni, spinti certamente anche da fenomeni sociali come Facebook, Twitter e tutti i siti in cui le persone entrano alla ricerca di relazione, informazione e svago e poi acquisiscono una dimestichezza tale da superare il divario tecnologico e quindi anche la sfiducia nel mezzo”. Migliora anche l’export, che cresce del 19% e raggiunge quota 1,05 miliardi, ma, nel complesso, è negativa la bilancia fra importazioni ed esportazioni, visto che il valore assoluto dell’import è pari ad oltre due miliardi, principalmente a causa di biglietteria aerea e prenotazioni di hotel.