FIRENZE – Solo uno su due iscritti all’Ordine dei giornalisti risulta attivo nella professione, o almeno è “visibile”, nel senso che ha una posizione contributiva all’Inpgi, come dipendente o autonomo. E più della metà della professione “emersa” è ormai costituita da freelance, ma con redditi nettamente inferiori a quelli del lavoro subordinato. Sono alcuni degli elementi emersi dal lavoro condotto da Lsdi su “Giornalismo: il lato emerso della professione; una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani «visibili»”, sulla base dei dati forniti da Inpgi, Ordine e Fnsi.
La ricerca – anticipa una nota diffusa a Firenze, dove Lsdi ha sede – verrà presentata domani mattina nella sede della Federazione della Stampa, a Roma. Nel 2009, indica l’indagine, un giornalista dipendente su 3 aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi, mentre più della metà degli autonomi (il 55,25%) dichiaravano un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro. “Al 31 dicembre 2009 gli attivi effettivi nel campo del lavoro subordinato erano 20.087, rispetto ai 23.213 autonomi. In totale 43.300 giornalisti: il 44.1% degli iscritti all’Ordine”.
Tenendo conto dei pensionati e degli oltre 10.000 giornalisti degli albi speciali o stranieri – afferma Lsdi – sono circa 40.000 i giornalisti “sommersi”.
Nella grandissima maggioranza si tratta di pubblicisti, visto che professionisti e praticanti sono totalmente “visibili” all’ interno dell’ Inpgi, mentre dei 62.155 pubblicisti presenti nell’Ordine solo 4.086 risultano all’ Inpgi come lavoratori dipendenti e 19.626 come lavoratori autonomi. L’analisi conferma, poi, la vistosa spaccatura fra lavoro dipendente (presente prevalentemente dentro le redazioni) e lavoro autonomo, che – rileva Lsdi – “nell’ industria editoriale diventa sempre più vitale per la macchina dell’ informazione, ma che non riesce ad acquisire una vera, concreta, dignità professionale”.
Più della metà dei giornalisti autonomi guadagna meno di 5 mila euro l’anno