L’Europa scende dal suo piedistallo, nessuna tregua nelle dittature



Libertà di stampa: Italia al 49° posto

“La nostra ultima classifica mondiale della libertà di stampa contiene sorprese piacevoli, mette in luce realtà pesanti e conferma alcune tendenze”, ha dichiarato Jean-François Julliard, segretario generale di Reporters sans frontières, in occasione della pubblicazione della nona edizione della Classifica. “Oggi più che mai – ha aggiunto – si vede che lo sviluppo economico, la riforma istituzionale e il rispetto dei diritti fondamentali non necessariamente vanno di pari passo. La difesa della libertà dei media continua a essere una battaglia, una battaglia di vigilanza nelle democrazie della vecchia Europa e una battaglia contro l’oppressione e l’ingiustizia nei regimi totalitari ancora sparsi per il globo”.
“Dobbiamo salutare – sottolinea Reporters sans frontierès – i motori della libertà di stampa, con Finlandia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera in testa. Dobbiamo anche rendere omaggio agli attivisti dei diritti umani, giornalisti e blogger di tutto il mondo che coraggiosamente difendono il diritto di parola. Il loro destino è la nostra preoccupazione costante. Ribadiamo il nostro appello per la liberazione di Liu Xiaobo, il simbolo della lotta per la libertà di parola in Cina, che la censura per il momento, riesce ancora a contenere. Noi mettiamo in guardia le autorità cinesi che prendono una strada dalla quale non c’è via d’uscita”.
Per Jean-François Julliard, “è inquietante vedere come molti paesi membri dell’Unione Europea continuano a scendere nella Classifica. Se non si marcia insieme, l’Unione Europea rischia di perdere la sua posizione di leader mondiale nel rispetto dei diritti umani. E se ciò dovesse accadere, come potrebbe essere convincente quando chiede ai regimi autoritari miglioramenti nel rispetto dei diritti umani? C’è bisogno urgente per i paesi europei di recuperare un comportamento esemplare”.
Reporters sans frontierès esprime preoccupazione per i provvedimenti più gravi adottati dai governi all’altra estremità della Classifica dove Ruanda, Yemen e Siria hanno raggiunto Birmania e Corea del Nord nel gruppo dei paesi più repressivi del mondo nei confronti dei giornalisti. Questo non fa ben sperare per il 2011. Purtroppo, la tendenza nei paesi più autoritari, non è quella del miglioramento.
L’Unione Europea perde la leadership

Reporters sans frontières ha ripetutamente espresso la sua preoccupazione per il peggioramento della situazione della libertà di stampa nell’Unione Europea e il 2010 conferma questa tendenza. Tredici dei 27 membri dell’Unione europea sono nei top 20, ma alcuni degli altri 14 sono in posizioni molto basse della classifica. L’Italia è 49ª, la Romania 52ª e la Grecia e la Bulgaria sono insieme nella 70ª. L’Unione Europea non è un tutt’uno omogeneo per quanto riguarda la libertà dei media. Al contrario, il divario tra le migliori e le peggiori continua ad allargarsi.
Non c’è stato alcun progresso in vari paesi dove Reporters sans frontières ha evidenziato problemi. Tra questi, soprattutto, Francia e Italia, dove gli eventi dello scorso anno – le violazioni della tutela delle fonti dei giornalisti, la continua concentrazione della proprietà dei media, le dimostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esonenti governativi nei confronti dei giornalisti e del loro lavoro, le convocazioni giudiziarie – hanno confermato la loro incapacità di invertire questa tendenza.
Nord Europa ancora al top

Diversi paesi condividono il primo posto nella nuova Classifica. Quest’anno sono Finlandia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera. Tutti hanno già avuto quest’ onore da quando la Classifica è stato creata nel 2002. Norvegia e Islanda sono sempre stati tra i paesi in prima posizione, tranne che nel 2006 (Norvegia) e 2009 (Islanda). Questi sei paesi  si pongono ad esempio per il modo con cui rispettano i giornalisti e i mass-media e li proteggerli da abusi giudiziari.
Ed hanno anche continuato a migliorarsi. L’Islanda, per esempio, sta esaminando un disegno di legge esemplare, la Iceland Modern Media Initiative (Immi), che fornirebbe un livello di protezione unico per i media. La Svezia si distingue per il suo Press Freedom Act che ha contribuito a creare un clima particolarmente favorevole per il lavoro dei giornalisti, con la forza delle sue istituzioni e il suo rispetto di tutti quei settori della società, compresi i mezzi di comunicazione, il cui ruolo in una democrazia è quello di domandare e sfidare coloro che occupano posizioni di potere.
Dieci paesi dove non è sicuro essere un giornalista


Negli ultimi anni, Reporters sans frontières ha richiamato l’attenzione particolare a tre paesi che sono stati sempre nelle ultime tre posizioni, Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan. Quest’anno, il gruppo è più grande, ben dieci paesi sono caratterizzati dalla persecuzione dei media e da una completa mancanza di notizie e informazioni. In questi paesi, la situazione della libertà di stampa continua a deteriorarsi ed è sempre più difficile dire quale sia peggiore dell’altro. La differenza tra i punteggi dei “migliori” e i peggiori degli ultimi 10 paesi è di solo 24,5 punti di quest’anno. Era di 37,5 punti nel 2009 e 43,25 nel 2007.
Vale la pena notare che, per la prima volta dalla nascita della Classifica nel 2002, Cuba non è uno degli ultimi 10 paesi. Ciò è dovuto soprattutto al rilascio di 14 giornalisti e 22 attivisti nel corso della scorsa estate. Ma la situazione complessiva non è cambiata significativamente. Dissidenti politici e giornalisti indipendenti hanno ancora a che fare con la censura e la repressione su base giornaliera.
Non è consentito alcun spazio per la libertà in Birmania, dove il mese prossimo so terranno le elezioni parlamentari, e dove ogni raro tentativo di fornire notizie o informazioni viene punito con la reclusione e lavori forzati.
Infine, in Afghanistan, Pakistan, Somalia e Messico, paesi o apertamente in guerra o in una guerra civile o qualche altro tipo di conflitto interno, vediamo una situazione di caos permanente e di una cultura di violenza e di impunità che stanno mettendo radici ed in cui la stampa diventa un bersaglio preferito. Questi sono tra i paesi più pericolosi al mondo, dove le parti in conflitto sequestrano i giornalisti, come i giornalisti della TV francese Stéphane Taponier e Hervé Ghesquière, che sono tenuti in ostaggio in Afghanistan da 300 giorni.
La crescita economica non significa libertà di stampa


I paesi del cosiddetto Bric – Brasile, Russia, India e Cina – hanno avuto una fase di sviluppo economico abbastanza simile, ma per il 2010 la Classifica evidenzia in questi paesi grandi differenze nella situazione della libertà di stampa. Grazie alle positive modifiche legislative, il Brasile (58°) è salito di 12 posti rispetto all’anno scorso, mentre l’India è scesa di 17 posti  fino al 122°. La Russia, che ha avuto un anno particolarmente letale, è classificata di nuovo molto in basso al 140° posto. Nonostante una blogosfera sorprendentemente vivace e attiva, in Cina ancora censura e incarcera i dissidenti e continua a languire in 171a posizione. Questi quattro paesi dovrebbero far fronte alle loro responsabilità di potenze emergenti e devono adempiere ai loro obblighi in materia di diritti fondamentali.
Pesante cadute
Filippine, Ucraina, Grecia e Kirghizistan sono notevolmente diminuiti nella Classifica indice di quest’anno. Nelle Filippine questo è dovuto al massacro di circa 30 giornalisti da parte di un barone locale, in Ucraina al deterioramento lento e costante della libertà di stampa dopo l’elezione di Viktor Yanukovich a presidente nel mese di febbraio, in Grecia ai disordini politici e alle aggressioni contro alcuni giornalisti, e in Kirghizistan alla campagna di odio etnico che ha accompagnato i tumulti politici.
I cambiamenti sono, purtroppo, spesso ingannevoli. Alcuni paesi quest’anno hanno migliorato notevolmente la loro posizione in Classifica, ma in realtà tutto quello che hanno fatto è stato solo recuperare la loro posizione tradizionale dopo un 2009 particolarmente difficile, se non disastroso. Questo è il caso del Gabon, che sale 22 posti, della Corea del Sud (+27) e della Guinea-Bissau (25).   La classifica 2010

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