ROMA – Non ci può essere vera libertà di informazione se e quando i giornalisti vivono tra fenomeni di corruzione, di intimidazione, di terrore e di paura. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, permanentemente vicina ai colleghi che, operando in area di frontiera, finiscono spesso nel mirino delle mafie e della criminalità, torna a sollecitare l’intensificazione delle attività di prevenzione e di indagine del Viminale, e l’impegno alto delle istituzioni per promuovere una cultura di rispetto dell’informazione come bene pubblico.
Per fronteggiare una situazione che in alcuni territori sta diventando ogni giorno più grave, la denuncia e la solidarietà sindacale è costante. Ma occorre di più: servono iniziative concrete di riconoscimento del valore dei cronisti e della loro sicurezza. Combattere la solitudine di chi sta in frontiera, talvolta precario, eppure tenacemente impegnato ad assicurare al pubblico un’informazione che non conosce omissioni né imposizioni, deve diventare un impegno diffuso, non solo della categoria, ma delle istituzioni e della società intera.
La Fnsi rilancia, dunque, con le Associazioni di Stampa interessate, un programma di iniziative pubbliche e concrete di tutela, denuncia e sensibilizzazione, che si svilupperanno, nelle prossime settimane, in quelle regioni dove i fenomeni sono più acuti: Puglia, Basilicata, Calabria, e così via. E’ soprattutto in queste aree, infatti, che si concentrano i giornalisti colpiti, ma troppo a lungo ignorati dai riflettori dei grandi media: 78 gravi episodi in un anno e mezzo, così come denunciato dall’Osservatorio Ossigeno di Fnsi e Ordine.
Al capo della Polizia, Prefetto Antonio Manganelli, la Fnsi, con il Sindacato dei Giornalisti della Calabria e l’Associazione Stampa della Basilicata, ha presentato, alcuni mesi fa, elementi concreti di un allarme, che ora appare lungi dal rientrare e che anzi si fa più intenso, alla luce di diversi casi inquietanti e preoccupanti.
La recente cattura a Reggio Calabria degli autori delle intimidazioni contro il freelance precario Antonino Monteleone è un segnale della svolta necessaria dell’impegno istituzionale per combattere l’impunità e riaffermare le regole della convivenza e le condizioni essenziali del diritto civile. Occorre proseguire su questa strada ed è sempre più necessario accendere i riflettori sulle minacce che incombono sui giornalisti che non intendono piegare la testimonianza del loro lavoro alle prepotenze e, tantomeno, alla mafia e alla ‘ndrangheta.