L'autore de "Il giudice meschino" alla manifestazione dei: 40 mila per gli organizzatori, 6 mila per la Questura

Hanno sfilato anche collusi e pataccari

Mimmo Gangemi*

REGGIO CALABRIA (La Stampa) – Autostrada A3: direzione Reggio, alla manifestazione «No ‘ndrangheta». Nebbia fitta a S. Elia, una pioggerella che annuncia l’autunno e la penitenza di 30 km, su 40, a doppio senso in unica corsia – in più, un cartello giallo che «possibili code» recita, sfotte anzi, visto che già siamo incolonnati più che al seguito di un funerale.
A Reggio, en plein. Tutti presenti. La folla non è oceanica ma è folla, ventimila a occhio d’ingegnere. Seppure timida, distratta, con passi svogliati che snoda dal Museo, orfano dei Bronzi, lungo il Corso, fino alla Cattedrale. Il brusio di sottofondo è qua e là sovrastato da un coro.
Mi guardo intorno, collimo volti, striscioni, vessilli, gonfaloni, fasce tricolori, bandiere: scovo il meglio della Calabria. Qualche sorrisino però mi scappa. Mi era già scappato scorrendo l’elenco interminabile delle adesioni: lunedì erano 236 tra partiti, gruppi consiliari, sezioni e circoli politici, Enti, Comitati, Associazioni, Movimenti, Comuni, giovedì sono diventati 412, sabato la bellezza di 580. Non c’è proporzione tra i presenti e il numero delle adesioni annotate, ma va bene lo stesso. Neppure si vede grande fervore, ma non è il caso di lamentarsene, basta la presenza.
Li guardo sfilare. Altri volti, altri gonfaloni, altre fasce, altre bandiere. E altri sorrisini, i miei. Se siamo tutti qui, dove sono i cattivi? E dove i collusi? Dove la zona grigia? E dove i politici che puzzano di ‘ndrangheta più che le alici che avanzavano alla marina e il pesciaro affibbiava per fresche nei paesini dell’Aspromonte? Se tutto questo fosse veritiero, allora potremmo alzare alti i calici, i malavitosi sarebbero nefaste figure che lo sdegno ha messo sott’ombra, isolato, schifato, non disporrebbero di agganci, appoggi, personaggi su cui orientare i voti. Peccato che non sia così.
La verità è che qui sfilano anche i pataccari: la borghesia malata, la politica bella solo di giorno, quel marciume dove trova riparo e linfa la ‘ndrangheta – manca solo qualche latitante, forse. Non potrebbero altrimenti. Per ingannare di rispettabilità, tocca loro camuffarsi, lerci camaleonti in mezzo alla gente pulita. Confondono le acque, aggiungono confusione, fumo negli occhi. Come il marinaresco «Facite ammuina», l’ordine che si usava in occasione delle visite a bordo delle autorità del Regno delle Due Sicilie. Paro paro, qui a Reggio: belli e brutti tutti assieme, tutti appresso al «No ‘ndrangheta», in una brodaglia che sa di tutto e di niente. Hanno sporcato un’iniziativa importante.
Anzi no, sbaglio. È stato meglio così. Perché si è fatta chiarezza definitiva che i collusi sono in mezzo a noi. E perché, comunque, è servita a mostrare la società civile, che c’è una maggioranza di persone oneste che non ne può più, che va assumendo coscienza e coraggio. E che pretende acque chiare. Le pretende da tutti. Anche dalla parte buona della barricata. Che fa ammuina a sua volta. La fa quando, dopo mesi e mesi di carcere e di gogna mediatica, tace dei sindaci prosciolti in fase istruttoria dall’accusa di collusione con la mafia – con la diretta conseguenza dello scioglimento del consiglio comunale. La fa quando tace dei beni restituiti, dopo che sono stati sequestrati con telecamere al seguito. La fa quando dà voce e credibilità a certi professionisti dell’antindrangheta, Arcangeli calati in terra che sfogano gli umori e le antipatie, e si garantiscono così futuro in una carriera che non meritano.
E, specialmente, la fa quando spaccia per grande successo investigativo gli arresti di luglio in provincia. E lo celebra con esternazioni mediatiche in pompa magna, senza smettere di trarne vanto, mentre qui, dove tutto è noto, si ridacchia per un’operazione che è stata così così: quelli saranno pure delittuosi, ma giocavano alla ‘ndrangheta – figurarsi, il capo dei capi di un’organizzazione che fattura quasi 50 miliardi l’anno sarebbe uno sconosciuto, un vecchio che gira per i mercati con una Ape a tre ruote, vendendo piantine!
Altre sono state le investigazioni e le operazioni importanti. Questa sembra costruita per giovare a chi è proteso verso carriere impazienti e a chi, assiso tanto in alto da sentirsi più vicino e più affine al Cielo che alla terra, deve mostrare, numeri alla mano, l’impegno serio che sta mettendo contro le mafie. Se non la taccio, è perché arreca danno qui, dove la gente sa e aggiunge un altro tassello che mina la credibilità delle istituzioni.
Basta perciò con l’ammuina. Su tutti i fronti.
* Scrittore calabrese autore del romanzo «Il giudice meschino» (Einaudi).

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