Enzo Quarto (Presidente Unione Cattolica Stampa Italiana della Puglia)
Il servizio trasmesso dal TG Tre della Rai, nell’edizione di domenica scorsa (19 settembre) alle 19.30, con immagini, riprese da una tv colombiana, di ragazzi che si stendono tra i binari per lasciarsi sovrastare dai treni in transito in assurde, così definite, “prove di coraggio”, ci ripropone drammaticamente la questione del limite etico della professione giornalistica.
Né può salvarci l’avvertimento, che risulta intriso di ipocrisia stupida quanto violenta, lanciato dal conduttore prima del servizio: “ora vi mostriamo immagini che vi avvertiamo non sono adatte a bambini e adolescenti”. Il risultato è un tentativo di “lavare” i propri sensi di colpa per ciò che si è deciso di trasmettere. Una rinuncia professionale, innanzitutto, al ruolo di mediatori tra la notizia e i telespettatori.
Cosa pensereste di un medico che dovendo comunicare ad un paziente ed ai suoi familiari le condizioni critiche e l’impotenza della medicina davanti alla drammaticità del caso, dica: “quello che sto per dire è sconvolgente, meglio che non lo sentiate”.
Pensate a genitori e nonni che nel giro di pochi istanti dovrebbero acchiappare il telecomando, perché avvisati, e cambiare canale. Ammesso che riescano a non farsi prendere dalla morbosità di vedere di che si tratti. E cosa dovrebbero fare quei bambini ed adolescenti che dovessero trovarsi da soli in quel momento davanti al televisore? Certo “avvisati”. Forse avvisati di “guardare con più attenzione”.
Chi afferma che ad un giornalista tocchi dire tutto, afferma una falsità. Sono forse pieni i nostri telegiornali e i nostri giornali di tutto ciò che succede? Assolutamente no. Lo spazio che i media riservano ad una notizia è spazio tolto ad altre notizie, che hanno forse l’unica colpa di essere meno accattivanti. Tutto è dunque conseguenza di una scelta che risponde a dettami etici diversi, e qualche volta in totale assenza del rispetto verso gli altri.
L’etica della libertà, impetuosamente predominante e dilagante nella seconda metà del ‘900, non può consentire all’uomo ogni liceità, meno che meno nell’informazione che orienta, educa, forma, e di conseguenza può disorientare, diseducare, deformare. La libertà è regola, ci insegna la storia del pensiero umano. O per dirla con le parole di Oriana Fallaci, “la libertà prima che un diritto è un dovere”.
Abbiamo bisogno di riscoprire tutti l’etica della verità e della responsabilità, perché tutti noi siamo responsabili di questo mondo in cui viviamo e che ci pare vada a rotoli. Siamo responsabili di educare alla vita i nostri bambini ed adolescenti, con tutto il bagaglio di gioie e dolori, ma illuminati dal rispetto che dobbiamo all’altro, soprattutto quando questi è indifeso e ha scarsi strumenti di difesa e di comprensione, fino a subire l’inganno, la mistificazione, potremmo dire persino l’istigazione ad emulare.
“I tempi che viviamo sono segnati da una comunicazione frenetica, eccessiva, invadente, che sovrasta nel linguaggio e nell’organizzazione sociale del quotidiano ogni considerazione sull’essere”, scrive l’Arcivescovo di Bari Francesco Cacucci nella lettera di presentazione delle Notti Sacre, che dal 25 settembre al 3 ottobre animeranno spiritualmente le chiese di Bari vecchia. “Si confonde spesso ciò che appare con ciò che è”.
Quei ragazzi colombiani possono essersi sentiti “gratificati” dal loro apparire. Occorre tener presente nel lavoro costante di mediazione giornalistica, che una notizia mantiene la sua dignità e la sua drammaticità anche se priva di immagini, anche se priva di titoli gridati. I giornalisti sono un filtro e devono sapersi assumere le loro responsabilità.
Per secoli e generazioni, l’uomo ha tenuto lontano e protetti i bambini, fino ad una certa età, anche dalla morte delle persone più care. Oggi diamo loro in pasto tutto. Che mondo ci aspettiamo, se agiamo senza il timore di Dio?
Affido la riflessione ed il mio augurio per il futuro alle parole scritte da San Francesco d’Assisi: “Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno e dissipazione. Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa, ivi il nemico non può trovare via d’entrata. Dove è misericordia e discrezione, ivi non è superfluità né durezza”.