Tom Mockridge, amministratore delegato di Sky Italia, invoca più libertà ne settore televisivo

TV: concorrenza è sinonimo di qualità

Tom Mockridge

ROMA – L’Italia delle tv è “un paese con scarsa concorrenza”, e questo ricade inevitabilmente sulla qualità dell’offerta televisiva, che ripropone “sempre gli stessi conduttori e gli stessi programmi”: “Ci vuole più libertà nel settore televisivo per promuovere una maggiore concorrenza”. E’ l’analisi di Tom Mockridge, amministratore delegato di Sky Italia, in una lettera al Corriere della Sera in cui elenca quattro punti per “un cambiamento radicale”. Anzitutto “garantire che la maggior parte delle nuove frequenze rese disponibili dal passaggio al digitale vada a nuovi entranti nel mercato”, anche aziende straniere, che portino risorse e “idee innovative”. Inoltre, secondo Mockridge, occorre “rimuovere in modo più rapido le regole introdotte nel 2003 che impediscono a Sky di essere competitiva nel campo del digitale terrestre, ed evitare di introdurre nuove norme finalizzate a penalizzare Sky” (è il caso, sottolinea Mockridge, del decreto Romani che limita la possibilità per Sky di vendere spazi pubblicitari”.
E poi l’Auditel: va spezzato “il controllo duopolistico” di Rai e Mediaset, “affinché le aziende che decidono di investire in nuove televisioni possano da subito fare affidamento su dati di ascolto accurati, fonte dei propri ricavi”. Infine, secondo l’ad di Sky Italia, occorre “liberare la Rai dal controllo da parte della politica”. Il panorama televisivo, denuncia Mockridge, è viziato alla radice dal fatto che “il sistema italiano ha permesso ad un’unica azienda, Mediaset, di ricoprire una posizione di tale dominanza nel settore televisivo nazionale da raccogliere il 65% delle entrate pubblicitarie”. E nel campo della pay tv “Mediaset opera senza alcun tipo di limitazione, mentre Sky è soggetta ad un lungo elenco di restrizioni normative”. L’obiettivo, insomma, è “liberare il sistema”, contro “l’approccio restrittivo” scelto dall’Italia “verso una reale concorrenza nella televisione”, il che “ha portato il paese ad avere un settore di dimensioni ridotte rispetto agli standard europei, generando meno posti di lavoro e meno innovazione”.

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