E’ bufera nel Paese dopo che sono state messe on line le registrazioni delle chiamate del premier a direttori di giornali e tv

Turchia: Erdogan telefona e dà ordini ai media

Recep Tayyip Erdogan

ANKARA (Turchia) – “Fosse successo in Inghilterra o in qualsiasi altra democrazia, il premier si sarebbe immediatamente dimesso”, dice l’analista Yavuz Baydar. “Ma qui no: Erdogan va avanti come se niente fosse, e così i direttori dei media”.
E’ bufera in Turchia da due giorni, da quando su internet sono uscite le registrazioni degli “ordini” distribuiti per telefono dal premier, Recep Tayyip Erdogan, a direttori di giornali e tv per fare cambiare una notizia sullo schermo, togliere un articolo.
Le telefonate, probabilmente intercettate durante le inchieste anti-corruzione dai magistrati della tangentopoli del Bosforo, ora rimossi, fanno emergere il quadro di una stampa agli ordini, con direttori che rispondono “sì, signore”, “sarà fatto subito, signore”.
Dopo una chiamata del “sultano” tre giornalisti del quotidiano Haberturk sono stati licenziati per avere pubblicato una notizia critica verso il governo.
In altre registrazioni due dirigenti di un giornale si preparano a modificare i risultati di un sondaggio a vantaggio del partito islamico Akp del premier.
Le telefonate sono finite in rete – con altre prove a carico di personalità vicine al potere – probabilmente per iniziativa dei magistrati rimossi nelle ultime settimane, per impedire l’insabbiamento delle loro inchieste.
Sotto Erdogan i media turchi stanno diventando “come la Pravda” sovietica, ha tuonato oggi il capo del Mhp, il secondo partito di opposizione, Devlet Bahceli. La socialdemocratica Emine Ulker Tarhan ha paragonato il capo del governo allo stregone Saruman, leader delle forze del male nella saga del “Signore degli Anelli”.
“La Turchia è diventata un Paese nel quale titoli dei giornali e programmi tv possono essere cambiati con una telefonata”, ha stigmatizzato.
Le organizzazioni di giornalisti denunciano da tempo la situazione critica della libertà di stampa in Turchia, dove il governo ha preso il controllo diretto o indiretto, attraverso pressioni economiche, usando fra l’altro l’attribuzione di appalti pubblici ai proprietari, per imporre una “autocensura” ai grandi media.
Solo pochi giornali di opposizione, come Sozcu e Cumhuriyet, o l’indipendente Taraf, rimangono voci critiche, ma con una diffusione confidenziale, cui si sono aggiunti ora testate, come Zaman, Birgun o la tv CnnTurk, vicine al predicatore Fetuyllah Gulen, l’ex alleato ora arci-nemico di Erdogan.
Per il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti (Cpj), Erdogan “è impegnato in una ampia offensiva per ridurre al silenzio i giornalisti critici attraverso detenzione, procedure legali e intimidazione ufficiale” in “una delle più vaste campagne di repressione della libertà della stampa nella storia recente”.
La settimana scorsa è stato espulso un giornalista di Zaman, di nazionalità azera, per dei tweet critici verso Erdogan. Le polemiche degli ultimi giorni hanno provocato una inedita “confessione” del direttore di Haberturk Fatih Altayli, sottoposto agli ordini telefonici del premier stando alle intercettazioni, di cui finora non è stata contestata l’autenticità.
“L’onore del giornalismo è stato calpestato. Ogni giorno ci cade addosso una pioggia di direttive. Si può scrivere quello che si vuole? Tutti hanno paura”, ha detto a Cnn Turk.
“E’ noto che chiunque lavori nei media affronta queste situazioni”, ha spiegato Altayli: “Un giorno si saprà che tutti sono nella mia situazione”. (Francesco Cerri/AnsaMed)

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