Alla Settimana Internazionale della Critica il film del regista Ali Aydin sui diritti civili e la scomparsa degli studenti

“Kuff”, il vuoto d’informazione in Turchia

Ali Aydin (al centro) alla Settimana della critica del Lido di Venezia

LIDO DI VENEZIA – Terzo film in concorso alla Settimana Internazionale della Critica. Stavolta il Sncci (Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani) ha proposto il tema dei diritti civili, del vuoto di informazione e della scomparsa di giovani studenti nella Turchia a metà degli anni Novanta.
Il film é “Kuf” (“La muffa”) del regista turco Ali Aydin, “la nostra è una storia di resistenza civile, un padre per 18 anni si chiede dove sia finito il figlio e non ottiene risposta dagli organi di polizia. Ci siamo richiamati alle madri del sabato sera, che scendono in piazza a Istanbul per chiedere allo Stato dove sono finiti i loro figli scomparsi da anni”.
Desaparecidos, un po’ come nell’Argentina negli anni Ottanta. I ragazzi manifestano e poi scompaiono.
Alla fine il film mostra un volto più democratico della Turchia di oggi, con un commissario che “non porta il vecchio in cantina per bastonarlo” e un governo che decide di riaprire le fosse comuni e restituire i corpi alle proprie famiglie.
Anche se il 27 ottobre prossimo decine di giornalisti e avvocati che hanno manifestato per il Kurdistan saranno, comunque, processati nella Turchia odierna. Il film è ben costruito nell’Anatolia di oggi, dove mancano televisioni e cellulari e dove i ritmi di vita sono lenti, “una parola, una frase”, ha detto il regista, “bisogna soppesarla perché abbia un valore”.
Un film di grande poesia e denuncia che mostra la tenacia di un cittadino che crede nei suoi diritti e quindi una coscienza democratica che insiste a chiedere informazioni sulle sorti del figlio, di cui sa soltanto che “ha manifestato contro il governo”. E alla fine la spunta, il governo cede alle pressioni dei cittadini e restituisce i corpi dei figli.
E’ un film sull’identità del cittadino e dei suoi diritti che parte dalla coscienza. “E’ vero, credo che Dostoevskij mi abbia influenzato”, ha detto Aladyn, “in effetti è il più grande scrittore che abbia mai affrontato i rapporti con la propria coscienza”. Un film girato con tanta poesia che esplora le coscienze, ma anche l’idea del cittadino, dei diritti, della comunità.

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