
Nel contempo, a Bengasi, il Consiglio nazionale di transizione (Cnt), non avendo ufficialmente chiarito cosa vi sia dietro l’uccisione del generale Abdel Fatah Younes, alleato di Gheddafi fin dal 1969 e inaspettatamente passato con i ribelli a metà febbraio, nomina una “una commissione d’inchiesta” ad hoc.
Oggi per la Libia è stata un’altra giornata di guerra e propaganda, senza “movimenti” diplomatici dichiarati. Chiaro e deciso invece, il video-comunicato dell’Alleanza Atlantica in cui stamane il colonnello Roland Lavoie ha affermato che nella notte gli aerei della Nato hanno messo a tacere “con raid di precisione … tre ripetitori satellitari della televisione libica … per impedire a Gheddafi di usarli per intimidire e incitare ad azioni violente contro il suo popolo”.
La tv al Jamahiriya in lingua inglese ha, però, continuato a trasmettere e il suo direttore Khaled Bazilia ha denunciato “la morte, mentre stavano esercitando la loro professione di giornalisti libici, di tre nostri colleghi e il ferimento di altri 15”. “Siamo dipendenti della tv ufficiale libica – ha aggiunto – Non siamo un obiettivo militare, non siamo comandanti dell’esercito, non siamo una minaccia per i civili … Abbiamo il diritto di lavorare in luoghi protetti dal diritto nazionale e internazionale”. Il portavoce Nato si è limitato a commentare che “non c’è alcuna prova che vi siano state vittime”.
Intanto la nomina di una commissione d’inchiesta degli insorti a Bengasi sull’uccisione del generale Younes fa seguito ad una ridda di ipotesi e attribuzioni di responsabilità che non hanno affatto chiarito i dubbi. Mentre perde sempre più consistenza l’idea che sia stato Gheddafi a ordinarne l’uccisione, lealisti e insorti fanno rimbalzare la “palla del colpevole” dai terroristi integralisti di al Qaida (“vogliono aumentare la loro influenza nella regione” dell’Est libico in mano ai ribelli) a un gruppo armato della sua stessa tribù (“il capo è stato arrestato, è in carcere ed ha confessato”).
Le superpotenze della Nato, Francia, Gran Bretagna e Usa hanno dal canto loro invitato gli insorti alla “prudenza” nelle attribuzioni di responsabilità e “all’unità” in merito all’obiettivo finale di rovesciare Gheddafi.
Oggi il Cnt ha annunciato che “in attesa che vengano prese altre decisioni, il capo ad interim delle forze armate di Bengasi è ora Suleiman Mahmoud al Obeidi”, uno dei più stretti collaboratori di Younes, appartenente alla sua stessa tribù, quella appunto degli al Obeidi. (ats)