“Per ridurre al silenzio il colonnello Gheddafi” bombardata la televisione di Stato libica: 15 feriti

Le bombe della Nato uccidono tre giornalisti

TRIPOLI (Libia) – Bombe Nato contro la televisione di stato libica “per ridurre al silenzio il colonnello Gheddafi”, giornalisti uccisi e feriti, l’emittente che continua a trasmettere con il suo direttore che denuncia “un atto di terrorismo internazionale”. Ma gli insorti avanzano, secondo un loro comunicato, verso la roccaforte di Gheddafi tra le montagne occidentali, Tiji, dove sarebbero schierati ancora almeno 500 soldati governativi.
Nel contempo, a Bengasi, il Consiglio nazionale di transizione (Cnt), non avendo ufficialmente chiarito cosa vi sia dietro l’uccisione del generale Abdel Fatah Younes, alleato di Gheddafi fin dal 1969 e inaspettatamente passato con i ribelli a metà febbraio, nomina una “una commissione d’inchiesta” ad hoc.
Oggi per la Libia è stata un’altra giornata di guerra e propaganda, senza “movimenti” diplomatici dichiarati. Chiaro e deciso invece, il video-comunicato dell’Alleanza Atlantica in cui stamane il colonnello Roland Lavoie ha affermato che nella notte gli aerei della Nato hanno messo a tacere “con raid di precisione … tre ripetitori satellitari della televisione libica … per impedire a Gheddafi di usarli per intimidire e incitare ad azioni violente contro il suo popolo”.
La tv al Jamahiriya in lingua inglese ha, però, continuato a trasmettere e il suo direttore Khaled Bazilia ha denunciato “la morte, mentre stavano esercitando la loro professione di giornalisti libici, di tre nostri colleghi e il ferimento di altri 15”. “Siamo dipendenti della tv ufficiale libica – ha aggiunto – Non siamo un obiettivo militare, non siamo comandanti dell’esercito, non siamo una minaccia per i civili … Abbiamo il diritto di lavorare in luoghi protetti dal diritto nazionale e internazionale”. Il portavoce Nato si è limitato a commentare che “non c’è alcuna prova che vi siano state vittime”.
Intanto la nomina di una commissione d’inchiesta degli insorti a Bengasi sull’uccisione del generale Younes fa seguito ad una ridda di ipotesi e attribuzioni di responsabilità che non hanno affatto chiarito i dubbi. Mentre perde sempre più consistenza l’idea che sia stato Gheddafi a ordinarne l’uccisione, lealisti e insorti fanno rimbalzare la “palla del colpevole” dai terroristi integralisti di al Qaida (“vogliono aumentare la loro influenza nella regione” dell’Est libico in mano ai ribelli) a un gruppo armato della sua stessa tribù (“il capo è stato arrestato, è in carcere ed ha confessato”).
Le superpotenze della Nato, Francia, Gran Bretagna e Usa hanno dal canto loro invitato gli insorti alla “prudenza” nelle attribuzioni di responsabilità e “all’unità” in merito all’obiettivo finale di rovesciare Gheddafi.
Oggi il Cnt ha annunciato che “in attesa che vengano prese altre decisioni, il capo ad interim delle forze armate di Bengasi è ora Suleiman Mahmoud al Obeidi”, uno dei più stretti collaboratori di Younes, appartenente alla sua stessa tribù, quella appunto degli al Obeidi. (ats)

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