Malato da tempo, aveva 82 anni. Un mese fa aveva perso la moglie. Ha vinto i premi “Saint Vincent” e “Città di Palmi”

Addio a Nello Ajello, storica firma del giornalismo culturale

Nello Ajello

ROMA – Il giornalista Nello Ajello, storica firma del quotidiano “la Repubblica” e del settimanale “L’Espresso”, è morto a Roma all’età di 82 anni. “Era da tempo malato di tumore, ma l’ha scoperto solo di recente – ricorda la Repubblica – perché concentrato su un dolore più grande: la malattia della moglie Giulia, scomparsa lo scorso 25 luglio. Una storia d’amore d’altri tempi, un legame che non poteva essere reciso”.
Nato a Napoli il 20 novembre 1930, ha vinto il Premio Saint Vincent nel 1981 e il Premio letterario Città di Palmi nel 2006. Su “la Repubblica”, Simonetta Fiori ricorda che “elegante, ironico, una leggera somiglianza con l’attore David Niven, Nello Ajello incarnava esemplarmente la stirpe degli «anglonapoletani», una specie antropologica e intellettuale che Beniamino Placido faceva risalire alla fine del Settecento, l’epoca di Emma Hamilton, moglie dell’ambasciatore britannico nel Regno di Napoli. Inconfondibili nel rigore. Inconfondibili nel modo di vestire. Inconfondibili nell’amare la loro imbarazzante città  –  imbarazzante per «l’eccesso» e «l’incoscienza» – opponendole uno stile che non conosce approssimazione. Né in termini etici né in quelli estetici”.
Dopo gli esordi alla rivista “Nord e Sud” di Francesco Compagna, ha lavorato a Torino, all’Olivetti, e collaborato al Mondo di Pannunzio e a “L’Espresso”, divenendone condirettore di Livio Zanetti. Quindi, l’ingresso a “la Repubblica” per dirigere, dal 1989 al 1991 il supplemento culturale Mercurio. Esperienza che, in breve, gli ha consentito di diventare una delle prime firme del quotidiano di Eugenio Scalfari.
La Repubblica sottolinea che Ajello “considerava il giornalismo culturale una specialità a sé, che richiede a chi vi si cimenta un’ardua quadratura del cerchio. «La figura del redattore culturale», diceva Nello, «è esposta a un pericolo: sta in bilico tra il professore che non sa scrivere e il dilettante che magari sa scrivere ma non sa. Professionalmente parlando, egli può o deve essere un centauro. Ossia deve sapere, e deve sapere scrivere. E se non sa – aggiungeva – deve sapere dove mettere le mani”.
Per Laterza ha scritto i saggi “Intellettuali e Pci”, “Il lungo addio” e “Intervista con lo scrittore scomodo” con Alberto Moravia. Lascia i figli Elvira e Mario.

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