
Giorgio Mulè
MILANO – Il Tribunale di Milano ha giudicato il settimanale Panorama colpevole di diffamazione nei confronti del pubblico ministero romano Luca Tescaroli, per un articolo pubblicato sul numero del 14 ottobre 2010 e intitolato “Il magistrato che non sbagliava mai”. A darne notizia è lo stesso settimanale, e il direttore Giorgio Mulè dice che si tratta di “un atto intimidatorio che colpisce e mortifica la libertà di critica giornalistica oltre che calpestare la dignità della professione”.
Il giudice Maria Cristina Pagano – spiega ancora Panorama – ha condannato Maurizio Tortorella, autore dell’articolo, a un’ammenda di 800 euro e il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, a 8 mesi di reclusione senza la sospensione della pena per omesso controllo.
Il pubblico ministero, Paola Barzaghi, aveva chiesto per entrambi i giornalisti una multa di 2 mila euro e la concessione delle attenuanti. L’articolo descriveva la polemica mediatico-giudiziaria nata nell’autunno di tre anni fa quando il magistrato, coautore di un libro intitolato Colletti sporchi (Rizzoli), era stato citato in giudizio in sede civile dalla Fininvest per alcuni riferimenti contenuti nel saggio e giudicati della società lesivi della propria immagine.
Il verdetto emesso ieri segue quello del maggio scorso che, in relazione a un articolo di Panorama sul procuratore di Palermo, Francesco Messineo, ha condannato due giornalisti del settimanale a 12 mesi di reclusione (per uno di loro, Andrea Marcenaro, senza la sospensione della pena) per diffamazione e il direttore Mulè a 8 mesi di reclusione senza la sospensione condizionale per omesso controllo.
Per il direttore di Panorama, Giorgio Mulè “La nuova condanna al carcere è un atto intimidatorio che colpisce e mortifica la libertà di critica giornalistica oltre che calpestare la dignità della professione. Ancora una volta vengo condannato per un articolo in cui un magistrato, giudicato da un collega magistrato, lamenta di essere stato diffamato. La mia colpa è quella di aver garantito da direttore responsabile il diritto di espressione a un giornalista, ‘reato’ di cui vado fiero.
Gli articoli su Messineo e Tescaroli non contengono una sola frase offensiva o ingiuriosa nei loro confronti, né riportano la falsa attribuzione di un fatto. Alla Camera e al Senato, oltre che al Parlamento europeo, si sta discutendo, proprio a seguito della condanna per il processo Messineo, la necessità di riformare la legge sulla diffamazione abolendo la pena del carcere.
A questo punto la riforma è non solo urgente ma anche non rinviabile. Non posso non cogliere, dopo il nuovo verdetto, la conferma di un sospetto alimentato anche da un’inchiesta in corso a Napoli che mi vede indagato per una strampalata, fantasiosa e assai offensiva ipotesi di corruzione: si vuol mettere a tacere, con il più umiliante strumento qual è la privazione della libertà, una voce non allineata.
È mio dovere denunciare con forza il tentativo illiberale in atto. Da parte mia e di Panorama – conclude Mulè – la risposta sarà quella di continuare a raccontare i fatti con il consueto scrupolo ed esprimere le nostre critiche o opinioni nel solco della tradizione liberale del settimanale”. (Ansa)
LA GIUNTA DELLA FNSI: “INCONCEPIBILI CHE LA LEGGE PREVEDA ANCORA IL CARCERE IN CASI SIMILI”
Suscita profonde perplessità la nuova condanna al carcere (otto mesi di reclusione) senza sospensione condizionale della pena, in primo grado, del direttore di Panorama Giorgio Mulè imputato in un processo per diffamazione. Omesso controllo in quanto direttore responsabile è la causa principale della condanna. Stessa pena, sempre senza condizionale, inflitta in un altro procedimento poco meno di due mesi fa. E’ inconcepibile che la legge consenta ancora la sanzione del carcere per casi simili, in pieno contrasto con tutta la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea per i diritti umani.
Nello specifico stupisce, in particolare, la durezza della pena inflitta dai giudici ‘senza condizionale’ pure a fronte della richiesta del pubblico ministero che aveva sollecitato la condanna ad una multa, pena peraltro inflitta all’autore dell’articolo contestato e sul quale ci sarebbe stato il preteso omesso controllo del direttore.
Oltre all’insopportabilità di una legislazione sulla diffamazione a mezzo stampa che deve essere assolutamente superata e adeguata ai canoni delle libertà essenziali dell’informazione, nel rispetto della dignità di tutti, questa volta non è davvero possibile accogliere senza censure d’opinione una condanna così grave da apparire comunque sproporzionata.
La Giunta esecutiva sollecita di nuovo l’adozione da parte del Parlamento di una legge moderna, equilibrata e avanzata sulla materia dei diritti e dei doveri dell’informazione con riguardo al reato della diffamazione. Già domani la Fnsi ribadirà questa linea alla Commissione Giustizia della Camera, avendo riguardo per il diritto dei cittadini a un’informazione libera, senza censure, senza paure imposte da situazioni giuridiche e da vicende giudiziarie non catalogabili come ordinarie. E’ il tempo dell’efficacia, dei vincoli e della disciplina deontologici e dell’istituto della rettifica.
Al direttore Mulè (e al suo vice ‘multato’, Maurizio Tortorella) va la solidarietà del Sindacato dei giornalisti e, nella conferma di un’azione decisa per i cambiamenti della legislazione, l’auspicio che in sede di appello la sentenza che oggi lo condanna al carcere venga ribaltata sulla base di principi di diritto che, comunque, già oggi a molti giuristi appaiono idonei a sostenere una ben diversa sentenza. (Fnsi)