Cinque cronisti sportivi iracheni, ospiti del nostro Paese, hanno incontrato a Roma e Napoli i colleghi dell’Ussi

Iraq: i giornalisti nella ricostruzione della democrazia

I giornalisti sportivi iracheni ospiti del nostro Paese

ROMA – Repressione, censura. Le parole che meglio descrivono la situazione che hanno vissuto i media e l’informazione di tutto il mondo. Mai attacchi fisici ai giornalisti erano stati così numerosi. Lo dice il rapporto Reporter senza frontiere (Rsf), in occasione della pubblicazione della sua decima classifica annuale sulla libertà di stampa.
Organizzazione non governativa, fondata nel 1985 dal giornalista francese Robert Ménard, analizza ogni anno il livello di libertà di giornali, radio, televisioni e siti internet in vari paesi e poi stila una graduatoria, tenendo conto di tutti gli atti di repressione, su cui tiene costantemente aggiornati nel corso dell’anno. L’edizione del 2011-2012 vede in classifica 179 paesi, appartenenti a varie aree del pianeta.
Gli avvenimenti dello scorso anno, specialmente quelli che hanno toccato il mondo arabo, hanno decretato diversi cambiamenti di posizione in classifica e molti media hanno pagato a caro prezzo il loro supporto dato ad aspirazioni democratiche e movimenti di opposizione. L’equazione è semplice: l’assenza o la repressione delle libertà civili porta necessariamente alla repressione della libertà di stampa. I regimi dittatoriali hanno paura e bandiscono l’informazione, specie quando essa minaccia di indebolirli.
In vetta alla lista ci sono Paesi come Finlandia, Norvegia e Olanda. Con tutela e rispetto delle libertà fondamentali che costituiscono il cardine della società. Da segnalare sicuramente l’entrata di Capo Verde e Namibia nelle prime 20 posizioni. Il fondo della classifica vede, ancora una volta, Eritrea, Turkmenistan e Corea del Nord occupare le ultime posizionicon new entry Siria, Iran, Cina, Bahrain e Vietnam.
Preoccupa soprattutto il mondo arabo. La Primavera araba e tutte le misure adottate dai governi per controllare l’informazione e per reagire alle proteste hanno influito in maniera rilevante sulle posizioni occupate dai Paesi mediorientali e del Nord Africa. Pochi sono stati i paesi risparmiati da quest’onda di rivolte, che ha portato a una maggiore repressione.
Il bilancio complessivo è fra i più negativi. L’Egitto ha perso quasi 40 posizioni così come la repressione è stata dura in Bahrein. Segnali preoccupanti arrivano anche da realtà dove sembra essere molto diffusa la cultura della violenza contro i media. Messico, Honduras, Pakistan, Somalia, Iran e Iraq si presentano come paesi in cui la repressione costituisce un trend difficile da invertire, se non con un’effettiva lotta all’impunità.
Un risultato sorprendente è arrivato recentemente anche dagli Stati Uniti in seguito agli arresti di giornalisti solidali con le proteste, conosciute con il nome “Occupy Wall Street”.
Lo sport come strumento di coesione e democrazia. E’ stato questo lo scopo del corso “Raccontare lo Sport, Unire i popoli” promosso dalla Direzione Generale Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri  con la consulenza dell’Unione Stampa Sportiva Italiana, Ussi, con l’adesione del presidente Luigi Ferrajolo, la cura della serie di incontri coordinata da chi scrive come Tutor e con l’apporto di Andrea Cozzi per  la realizzazione e organizzato dal Gruppo Adnkronos.
Cinque giornalisti iracheni, tra i quali una donna, selezionati dall’Ambasciata italiana a Baghdad e appartenenti a diverse etnie e religioni, si sono confrontati  a Roma con i loro colleghi italiani della carta stampata, tv e radio attraverso lezioni, workshop, dibattiti  e partecipando ad eventi sportivi di primo livello frequentando sia le tribune che le sale stampa degli stadi vivendo così gomito a gomito con i loro colleghi italiani e non solo.
Roma – Juventus di calcio, Virtus Roma – Emporio Armani Milano di basket, Italia – Galles di rugby gli incontri cui hanno assistito i colleghi iracheni.
Di grande prestigio i relatori, come il direttore del network Sky Sport, Massimo Corcione, il responsabile romano del sito Gazzetta.it, Maurizio Nicita, il responsabile stampa della Federazione Rugby, Andrea Cimbrico, il caporedattore di Radio Rai, Riccardo Cucchi, voce storica dell’emittente di Stato, e il colonnello Vincenzo Parrinello, responsabile del Gruppo Fiamme Oro, la compagnia atleti della Guardia di Finanza.
Un workshop anche a Napoli. In programma, infatti, nella sede dell’Ordine regionale dei giornalisti, l’incontro con Mario Hubler, amministratore unico di Acn srl, la società che ha promosso la tappa napoletana delle World Series di Coppa America di vela (16-21 aprile 2013).
L’importanza dello sport come elemento di unità nazionale e il ruolo fondamentale che i giornalisti possono svolgere nei processi di ricostruzione della democrazia in Iraq il filo conduttore dell’intero corso.
Iraq che è sceso in piazza compatto, con tutti uniti sotto la stessa bandiera (curdi, sciiti, sunniti e cristiani) in occasione della storica vittoria in Coppa d’Asia e Iraq che proprio alle Olimpiadi del ’60 a Roma vinse l’unica medaglia della sua storia.
L’Iraq ancora oggi non riesce a far emergere un sentimento di identità nazionale in una popolazione composta da etnie molto distanti tra loro, sia in termini di mentalità che di condizione. Curdi, sunniti, sciiti e cristiani mettono al primo posto l’identità individuale piuttosto che l’unità nazionale.
Sentimento che, invece, passa in secondo piano proprio durante gli eventi sportivi.
Ecco, quindi, che i  mezzi di comunicazione possono diventare lo strumento per realizzare un processo di riconciliazione,  a volte difficile in un paese come l’Iraq che ha attraversato la guerra, e i giornalisti possono svolgere un ruolo chiave per intensificare il dialogo tra etnie e confessioni religiose.
L’obiettivo per il Ministero Affari Esteri, d’intesa con Ussi e Adnkronos Comunicazione che ha perfettamente organizzato il workshop, è anche quello di migliorare le condizioni di lavoro dei giornalisti sportivi in paesi particolari come l’Iraq.
“Per i giornalisti iracheni venire in Italia, incontrare e confrontarsi con così tante persone e raccogliere informazioni sul proprio lavoro è una grande opportunità». Sono state queste le parole della lituana Laima Janusonyte-Steinhoff, vicepresidente dell’Associazione internazionale della stampa sportiva (Aips), brillante relatrice nel giorno dell’apertura dei lavori.
«Noi non ci occupiamo di fornire loro risorse economiche, ma informazioni su come svolgere questo lavoro», dice la Janusonyte-Steinhoff, prima donna scelta come vicepresidente dell’Aips che l’ha confermata nel 2009 a Milano per un secondo quadriennio.
L’Aips ha anche predisposto una versione del proprio sito web in lingua araba. «Ma ho detto loro che devono imparare altre lingue perchè è molto importante per il loro futuro e fondamentale in occasione di grandi eventi come Olimpiadi o Mondiali».
La giornalista lituana parla dell’incontro con i colleghi iracheni come di «un’ottima esperienza per sapere come possiamo aiutarli e cosa possiamo fare di concreto per loro. A volte hanno solo bisogno di essere ispirati o incoraggiati. Sono molto felice perchè l’Aips ha aperto la mia mente, ho viaggiato molto e ho incontrato diverse persone. Non sono mai stata in Iraq, ma oggi posso parlare con gli iracheni e confrontarmi con loro».
In chiusura del corso anche un interessante scambio di opinioni con il presidente dell’Ussi, Luigi Ferrajolo, che ha risposto alle numerose domande sull’organizzazione dell’Associazione di categoria, sul ruolo, le funzioni ed i compiti che vengono svolti a tutela della professione e a tutela degli iscritti.
Grande interesse su eventuali distinguo tra giornalisti di media differenti, questo perché ad oggi ancora nell’Associazione Irachena dei Giornalisti Sportivi non sono ammessi colleghi della televisione e di internet, ma solamente della carta stampata.
Lo sport, che forza!

Gianfranco Coppola

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