TUNISI (Tunisia) – Due giorni di lavori intensi, fatti di confronti e dibattiti anche dai contenuti forti, perchè talvolta determinati da un evidente gap generazionale e professionale, corroborati però dalla innovativa presenza di esperti venuti dall’Europa, che hanno dato il loro fattivo contributo. Alla fine il risultato è stata l’adozione di un “codice” al quale i giornalisti arabi del Maghreb hanno deciso di uniformare i loro comportamenti professionali, facendone una base di discussione anche con i governi, ai quali, senza tanti giri di parole, è stato chiesto di rispettare l’indipendenza dell’informazione e, quindi, di non tentare di condizionarla o, peggio ancora, di sottoporla alla censura.
Il conclave dei giornalisti maghrebini si è tenuto, per due giorni, ad Hammamet (località turistica a sud di Tunisi) ed ha visto la partecipazione di rappresentanti della maggioranza dei media arabi della regione. Molte le decisioni adottate, oltre al “codice”. Come, ad esempio, quella di dichiarare il 24 gennaio “giornata della deontologia dell’informazione” per il Maghreb e di creare un osservatorio regionale, che abbia come base il controllo della deontologia professionale e che quindi vegli sulla correttezza del rapporto tra giornalisti e lettori.
Un appuntamento, primo del suo genere da anni, che ha messo insieme esperienze e prospettive dell’area dopo la “primavera araba”e le tante speranze che su di essa sono state apposte, non sempre tutte realizzate. I giornalisti sono coscienti che la “dichiarazione di Hammamet”, com’è stato definito il codice, non è che un primo passo, perchè esso deve precedere una massiccia presa di coscienza che fare sì che le aspettative della gente sull’informazione non vadano deluse da comportamenti censurabili e, comunque, poco rispettosi della deontologia e quindi della verità. Come invece accadeva sino a poco tempo fa quando spesso l’informazione era uno strumento in mano a chi deteneva il potere e di essa aveva fatto un’arma.
Se la si confronta con i canoni che regolano l’informazione occidentale, la “dichiarazione di Hammamet” appare dai contenuti quasi scontati, nel momento in cui richiama i giornalisti al rispetto di alcuni aspetti elementari, a partire dalla corretta rappresentazione dei fatti alla luce della verità. O, ancora, la tutela delle fonti, la necessità di rispettare il diritto di replica o di rettifica, il non incitare alla violenza o all’odio. Ma tutto questo per la prima volta è condificato, è parte, insomma, di un nuovo modo di pensare l’informazione e la professione, quello che in fondo le società delle nuove democrazie arabe pretendono. (Diego Minuti – AnsaMed)
La “dichiarazione di Hammamet” servirà ad uniformare i comportamenti professionali e a difendere la libertà di stampa