Un assedio con l’obiettivo di espellere dal sistema dell’informazione pubblica chi non la pensa come i salafiti

Tunisi: assalto alla Tv di Stato, accoltellato un giornalista

Diego Minuti

TUNISI (Tunisia) – Ogni santo giorno, dai primi di marzo, si sono presentati, con precisione da cronografo svizzero, davanti alla (architettonicamente parlando) brutta sede della televisione di Stato, cominciando la loro guerra dei nervi, fatta di slogan urlati e amplificati da megafoni per ore e ore, in uno scenario fatto di bandiere nazionali (poche) e salafite (tante o troppe, su questo i giudizi variano).
Ogni giorno la frangia più estremista dell’integralismo islamico ha, in questo modo, voluto sostenere la battaglia per epurare la televisione pubblica dagli “empi”.
Una guerra psicologica – con cui gli integralisti hanno, di fatto, reso un inferno il lavoro di giornalisti, tecnici e impiegati – rimasta tale sino a lunedì scorso, quando c’è stato il salto di qualità, con un vero e proprio assalto alla sede della televisione, difesa dai suoi dipendenti, come fosse il confine della patria.
Ma quanto accaduto – tra sassaiole e lanci di bottiglie, scontri fisici a spinte, pugni e calci – ha quasi costretto a prendere decisioni drastiche il Ministero dell’Interno, che si era limitato a controllare mai intervenendo. La prima delle quali, quella di impedire ogni sit in davanti alla televisione di Stato.
Ma il divieto è rimasto lettera morta, perché anche martedì ci sono stati scontri, che hanno visto in prima fila, a difendere l’indipendenza della tv di Stato, le donne in camice blu che puliscono i locali, accanto a giornalisti e impiegati. E martedì pomeriggio, in un ennesimo scontro, un giornalista ha rimediato una coltellata alla mano, mentre la polizia è rimasta a guardare.
Mentre un manifestante integralista ha tentato di darsi fuoco per protesta contro l’intervento della polizia. Tutto questo mentre è cominciato il gioco della ricerca di un responsabile (o dello scaricabarile) perché il Ministero dice di non avere fatto intervenire, nei giorni scorsi, la polizia perché, per la procura della repubblica di Tunisi, quanto accadeva davanti alla sede televisiva non era niente più che una protesta, senza ravvisarne elementi di pericolosità.
Punti di vista, perché un assedio portato avanti per un mese e mezzo con l’obiettivo di espellere dal sistema dell’informazione pubblica chi non la pensa come i salafiti qualche preoccupazione doveva pure provocarla, e non solo per l’ordine pubblico.
C’è voluto l’assalto per fare prendere al Ministero dell’Interno la decisione di agire, anche in assenza di una indicazione della Procura. Ma quanto è accaduto davanti alla sede della televisione di Stato sembra solo una ennesima tessera del mosaico di minacce e prevaricazioni cui gli integralisti islamici, non tutti necessariamente salafiti, stanno ricorrendo per imporre un modello che i laici tunisini non accettano e, tutto lo lascia pensare, non accetteranno senza reagire.
Gli episodi di violenza si stanno moltiplicando e solo negli ultimi giorni un pensatore laico che doveva tenere una conferenza è dovuto scappare davanti a una quarantina di salafiti scatenati, mentre peggio è andato ad un esponente riformista, Jawhar Ben Mbarek, che, dopo essere stato pestato, accusa gli integralisti di avere tentato di ucciderlo. (Ansamed).

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