
Claudio Magris
MILANO – Nel giornalismo “c’é un po’ la mania delle opinioni, c’é una inflazione”: di questo è convinto Claudio Magris, germanista e scrittore, che oggi riceve il premio “E’ Giornalismo” (fondato, nel 1995, da Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca e dall’imprenditore Giancarlo Aneri, ndr), dopo cinquant’anni di collaborazione con la stampa, di cui 45 con il “Corriere della sera”.
Due sono le cose che sottolinea: da un lato la “mania” del chiedere (o elargire, ndr) opinioni e, dall’altra, la convinzione che il desk, i mezzi tecnologici di una redazione, non possono sostituire il vedere le cose.
“Si può sostituire una macchina fotografica con un’altra – spiega – ma non si può sostituire quello che si fotografa”.
Per Magris il giornalismo è anche un “confronto con la realtà estremamente importante”.
Ma non è un obbligo per un artista o uno scrittore: “Il fatto che ci si occupi di un certo campo come la letteratura – osserva – non credo dia autorevolezza in campo etico politico”.
Nel Novecento ci sono stati grandi scrittori che, ad esempio, hanno abbracciato fascismo o nazismo.
“Celine – ha aggiunto – è un grande, ma la sua portinaia capiva le cose meglio di lui. Ci sono alcuni intellettuali diventati maitre à penser, Bovio, Gandhi, ma se lo sono conquistato”. (Ansa)