L’Ipi denuncia un bilancio di 103 giornalisti uccisi nel mondo. E’ il Messico il Paese più pericoloso

2011: un altro anno nero per i giornalisti

VIENNA (Austria) – Dopo il bilancio dei giornalisti uccisi nel 2011, stilato dalla Press Emblem Campaign e pubblicato da Giornalisti Calabria il 19 dicembre scorso, è l’International Press Institute a rendere nota la propria classifica. Al di là della discordanza dei numeri, il 2011 è stato un altro anno nero per la stampa mondiale.  Per l’International Press Institute, sono stati 103 i giornalisti uccisi lo scorso anno, in tutto il mondo, mentre svolgevano il loro lavoro ed è il Messico è il paese più pericoloso per chi lavora nei media.
Il bilancio 2011 delle vittime è il secondo più sanguinoso dopo quello del 2009, quando furono 110 i giornalisti uccisi. “La situazione sta peggiorando”, afferma l’Ipi, notando che nel 2001 il bilancio è stato di 55 morti.
“Nel 2002, 19 paesi erano sulla lista nera stilata dall’Ipi mentre lo scorso anno sono saliti a 40”. Con 10 giornalisti uccisi il Messico è il paese più pericolo per i cronisti, segue l’Iraq (soprattutto a causa degli attentati), poi l’Honduras, Pakistan e Yemen, ognuno con 6 morti, infine Libia e Brasile con cinque.
Nel Nordafrica e Medio Oriente i giornalisti sono stati uccisi principalmente durante le rivolte della cosiddetta “primavera araba”. Nell’Africa sub-sahariana, in Russia e in Pakistan, i reporter sono state vittime di omicidi mirati, prosegue l’Ipi.
“Quasi tutti tra le giornaliste e i giornalisti uccisi nel 2011 erano reporter locali e cameraman che coprivano conflitti locali, casi di corruzione e altre attività illegali”, prosegue l’Ipi, secondo la quale “la probabilità” che gli assassini vengano portati di fronte alla giustizia è prossima allo zero”. L’Ipi nota, infine, una “tendenza all´aumento della violenza contro i giornalisti anche nell’emisfero occidentale”. (fonte Asca/Afp)

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