
L’appunto di Silvio Berlusconi sugli “otto traditori”
ROMA – Fermare foto, zoom e teleobiettivi nelle tribune di Palazzo Montecitorio? La questione, sorta dopo le zoommate sugli appunti dell’ex premier Silvio Berlusconi durante il voto sul rendiconto dello Stato (“otto traditori”, c’era scritto) e ripropostasi con il biglietto inviato dal vicesegretario Pd, Enrico Letta, al presidente del Consiglio, Mario Monti (“come posso esserti utile?”), dovrebbe essere risolta domani in una riunione dell’ufficio di presidenza della Camera.
La questione è stata sollevata da una larga fetta di deputati stanchi di rivedersi immortalati in pose poco “istituzionali”, mentre sonnecchiano o giocano con l’i-pad o si scambiano bigliettini. Ma l’accordo sul da farsi, alla Camera, non c’è.
Il deputato questore del Pd, Gabriele Albonetti, per esempio, dice no all’oscuramento per i fotografi: basterebbe, sostiene, una sorta di codice di autoregolamentazione che gli operatori dei media potrebbero adottare, come già fanno i giornalisti della stampa parlamentare. Chi preme per il bavaglio non esce allo scoperto. A parlare sono solo i contrari: da Enrico Letta, la più recente “vittima eccellente” dei teleobiettivi, ad Antonio Di Pietro.
“Credo che le limitazioni ai media nel seguire i lavori dell’Aula non abbiano alcun senso”, rileva Letta, che bolla come “irricevibili” le proposte di cui si discute in queste ore. “Men che meno credo – prosegue – che eventuali divieti o bavagli possano essere lontanamente messi in relazione con il recente episodio che mi ha visto coinvolto. Questo non può costituire un alibi per modifiche normative o regolamentari; anzi, ha dimostrato come in privato si possano dire le stesse cose che si affermano in pubblico”.
Anche Di Pietro non vuole i divieti: “Meglio un Parlamento trasparente, che sia una casa di vetro per i cittadini, dove fotografi e giornalisti possono scrutare e lavorare, facendo i cani da guardia della democrazia”, sostiene il leader dell’Idv. Altrimenti, avverte, la Camera diventerà simile “ad un retrobottega, a una sagrestia o un luogo dove si scambiano i pizzini e si fanno gli inciuci”. (Ansa)