Paolo Pollichieni evidenzia sul Corriere della Calabria il malvezzo di alcuni di predicare bene e razzolare male

Chi è il “noto giornalista locale” testimone silente?

Paolo Pollichieni

Paolo Pollichieni

Quando il pubblico ministero Giuseppe Lombardo ricevette dall’avvocato Lorenzo Gatto il primo, e per alcuni versi anche il più inquietante, degli avvertimenti a vigilare sulla propria incolumità fisica, era presente anche un «noto giornalista locale».
È lo stesso magistrato della Dda reggina a riferire il clamoroso dettaglio in una delle sue relazioni girate alla Procura distrettuale di Catanzaro. L’episodio, per come ricostruito dal magistrato, oggetto da mesi di minacce, pressioni ed intimidazioni da parte delle cosche e dei loro fiancheggiatori politici, è vecchio di mesi. Risale al 14 giugno scorso, quando Lombardo veniva avvicinato dall’avvocato Gatto mentre si attendeva «la celebrazione dell’udienza dibattimentale Casciano Giovanni+1». In sostanza l’avvocato Gatto avrebbe esternato il timore che al pm Lombardo le cosche «non avrebbero consentito di prendere parte al dibattimento originato dall’Operazione Meta, quale pubblico ministero titolare dell’indagine».
Si badi che quel processo doveva iniziare diversi mesi dopo, esattamente il 28 settembre, ma l’avvocato Gatto aveva già raccolto voci, o comunque maturato la certezza, che a quell’appuntamento Lombardo non ci sarebbe arrivato.
Di più: l’esternazione del noto penalista seguiva ad una precisa domanda che questi aveva in precedenza posto al dottor Lombardo. Gli aveva chiesto, per usare le testuali parole contenute nella relazione in mano ai magistrati di Catanzaro, «se fosse mia intenzione esaminare, nel corso di quella istruzione dibattimentale, il collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice». Ed è proprio quando il pm Lombardo lascia intendere che citerà al banco dei testimoni il pentito Nino Lo Giudice (che in passato era stato difeso proprio dall’avvocato Lorenzo Gatto) che arriva l’avvertimento.
Inutile dire che il «noto giornalista locale» chiamato in ballo dalla relazione del dottor Lombardo, in tutti questi mesi si è guardato bene dal riferire ai suoi lettori l’incredibile episodio di cui sarebbe stato testimone. Non lo fece nell’immediatezza dei fatti e non ha ritenuto di farlo neanche in queste settimane, quando le minacce e gli avvertimenti al dottor Lombardo sono diventate oggetto delle cronache nazionali ed anche di un delicato scenario politico-istituzionale.
Evidentemente il «noto giornalista locale» ha ritenuto che in certi casi il dovere di informare è meglio lasciarlo ad altri. Meglio pontificare su mafia ed antimafia sulle pagine patinate o, meglio ancora, in convegni e passerelle mediatico-istituzionali dove la zona grigia è poco più di un effetto meteorologico.
Nascono anche così gli “scoop degli altri”, dalla defezione di chi davanti alla notizia preferisce voltarsi dall’altra parte e far finta di non aver visto, sentito e capito niente.
Non sappiamo chi sia il «noto giornalista locale» che la relazione del dottor Lombardo inchioda alle sue responsabilità di testimone dell’accaduto e di disertore dell’informazione. La relazione non ne fa il nome, ci fosse stato non avremmo esitato a pubblicarlo perché c’è stanchezza in chi fa questa professione con dignità e coerenza nel sentire tanti personaggi pontificare sul giornalismo d’inchiesta e nel contempo costruire monumenti all’impostura mediatica. Così come c’è stanchezza nel dover leggere sermoni contro colleghi che scenderebbero a “saccheggiare” notizie, quando in verità, come questo grave episodio dimostra, preferiscono fare finta di non sapere che qui le notizie sono ben pochi a volerle raccogliere e riferire. Le scansano anche quando si materializzano sotto i loro occhi.
Complimenti! (Corriere della Calabria, 17 novembre 2011)

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