Il direttore-editore de “L’Avanti” racconta la sua versione mentre il quotidiano on line è oscurato per “manutenzione”

Lavitola: “Sono stanco di passare per l’uomo nero”

Valter Lavitola

NAPOLI – “Finora sono stato in silenzio, ma sono stanco di passare per «l’Uomo Nero». Unico artefice di una situazione venutasi a creare solo a causa delle serie difficoltà del Tarantini ed in cui io, per evidenti motivi di opportunità, mi sono limitato a fare da tramite con il Presidente che, come è noto, è sempre spinto da un forte sentimento di solidarietà con le persone che si trovano in disagio e, in particolare, con le persone che lui ritiene abbiamo avuto dei seri problemi solo per averlo frequentato o essergli state vicine”.
Comincia così una lunga nota alla stampa inviata da Valter Lavitola, l’editore e direttore de “L’Avanti” destinatario di una misura cautelare nell’ambito dell’inchiesta napoletana su un ricatto al premier Silvio Berlusconi che ha portato all’arresto dei coniugi Giampaolo Tarantini e Angela Devenuto. “Sto preparando un memoriale che consegnerò all’autorità giudiziaria tra qualche giorno – aggiunge Lavitola – dopodiché rilascerò una intervista alla stampa nella certezza di chiarire tutto, carte alla mano. Ovviamente l’opzione più auspicabile sarebbe il mio rientro in Italia per chiarire al meglio l’intera vicenda”.
Mentre il quotidiano è “off line” (appare solo la scritta “sito in manutenzione. Ci scusiamo per il disagio”), Valter Lavitola (sospeso dall’Ordine dei giornalisti del Lazio – ndr) dice la sua verità sui 500mila euro destinati dal premier Silvio Berlusconi a una futura attività lavorativa di Giampaolo Tarantini o della moglie Angela Devenuto, detta Nicla o Ninni, frutto di ricatto per la Procura di Napoli e sui quali Lavitola ha raggirato Tarantini, trattenendone una cospicua parte per sé.
“L’unica volta che ho fortemente voluto portarli io dal Presidente, e in quell’occasione effettivamente sono stato pressante con la signora Marinella – racconta Lavitola, riferendosi ai coniugi – è stato lo scorso 9 agosto, quando, appena rientrato da un viaggio di lavoro per Finmeccanica, società della quale sono consulente, ho voluto chiarire davanti al Presidente la questione dei «500mila euro mancanti» postami da Giampaolo.
In tutti e tre gli incontri ho chiesto al Presidente di confermare loro che frequentemente gli avevo chiesto di riceverli, ma i suoi avvocati lo sconsigliavano. Dai tabulati in mio possesso, risulta che il 17/07 u.s. ho ricevuto la prima telefonata di Tarantini, sull’utenza argentina in mio uso (nr 00541154183315) alle ore 20.43 italiane (h 15.43 argentine).
Durante la telefonata mi ha posto la questione dei 500mila euro. Gli dico di richiamarmi. Dalla stessa utenza, chiamo il Presidente sulla sua utenza di Arcore; 0039/039/60? alle ore 16.38. La telefonata con il Presidente è durata sino alle h 16.47 argentine (h 21.47 italiane). Ho disturbato a quell’ora il Presidente in quanto, per il tono concitato di Tarantini, non sapevo come regolarmi nelle risposte e, intuendo il giudizio che il Tarantini andava formando nella sua mente, per evitare qualsiasi dubbio ho sentito il bisogno di chiarire la questione con chi aveva disposto gli aiuti delegandomi con estrema fiducia.
Come al solito il Presidente è stato molto cortese e mi ha confermato di aver fatto bene a non mettere a disposizione la somma prima dell’avvio concreto del piano industriale, perché anch’Egli – scrive testualmente Lavitola – credeva che la somma sarebbe potuta essere dal Tarantini consumata e non investita (va specificato che ho notato da parte di Berlusconi un atteggiamento realmente paterno nei confronti di quella famiglia).
Non riesco a capire però il perché questa intercettazione, che di certo è stata eseguita, non sia stata riportata – continua Lavitola – sempre sull’utenza argentina, alle ore 17.05 locali (h 22.05 italiane) mi richiama Tarantini.
 Come risulta dalle intercettazioni, gli ho riportato il contenuto della telefonata con il Presidente. Fortunatamente ho acquisito i tabulati argentini riportanti tutte le telefonate.
Comunque, non avrei mai avuto bisogno di rischiare di compromettere la fiducia del Presidente «facendo la cresta». So con certezza che qualora avessi avuto necessità finanziarie mi avrebbe aiutato, come in passato ha fatto sostenendo l’Avanti!. Siccome tenevo al concetto di serietà e di correttezza che Nicla e Giampaolo si erano formati su di me, ho chiesto ed ottenuto l’incontro del 9 agosto del 2011, nella certezza che tutto sarebbe stato chiarito in presenza dei soggetti interessati.
In quella occasione ricordo che, dopo aver chiarito, il Tarantini apparve rasserenato anche in prospettiva dell’imminente periodo di vacanza in compagnia. La riserva della somma per lo svolgimento di una futura attività imprenditoriale fu compiuta in piena trsparenza e comunque le somme furono nel tempo girate al Tarantini per le sue inesauribili esigenza di cassa.
Infatti, avevo destinato all’attività imprenditoriale che Giampaolo aveva in animo di avviare all’estero, la somma riveniente dalla cessione, che è in corso, di un peschereccio in Brasile. Somma che il Presidente ovviamente mi avrebbe rimborsato.
L’unico sistema che avevo, infatti, per dare dei contanti ai Tarantini era di utilizzare le somme che mi metteva a disposizione il Presidente. Il tutto emerge dalle intercettazioni e non potrà che trovare ulteriori riscontri dai pedinamenti, se sono stati fatti.
In merito alle telefonate nelle quali vengo accusato di millantare rapporti con la Cia, la Procura e non so cos’altro, oppure quando dico di «dover fare un casting per indossatrici per la Fininvest», quando si potranno ascoltare le voci, e non basandosi sulla mera trascrizione del contenuto, apparirà evidente, dal tenore delle conversazioni intercettate, che le «millanterie» attribuitemi, alle quali non sono uso, o erano frutto di sarcasmo o dettate dalla mia intenzione di spegnere l’interesse di Nicla nei miei confronti, a tutela della mia e della sua famiglia. O ancora erano frasi dette per sedare le ansie costanti di Giampaolo e della moglie”. (fonte Agi)

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