E’ vero che i pensionati comandano dappertutto? Ecco il “censimento” degli organismi di categoria

Giornalismo dominato dalla “muffa grigia”

Giovanni Giacomini

Giovanni Giacomini (presidente Gruppo Marche Ungp)

ANCONA – C’è Ermanno Corsi, il mio collega (mi si permetta l’ardire) in quanto presidente di un gruppo regionale Ungp, campano in questo caso, che sta conducendo una bella e nobile battaglia perché noi pensionati si possa mutare nome e dimenticata l’attuale definizione che ci sminuirebbe o non ci renderebbe il giusto merito, ci sia concesso di trasformarci in seniores, magari aggiunto al termine giornalisti.
Un certame arduo e senza macchia, d’accordo, alla quale umilmente mi aggiungo proponendo invece di assumere il meno illustre epiteto di muffa grigia. Non faremmo del resto che accettare la visione che già da ora hanno di noi i cosiddetti attivi: quella (la visione sia chiaro) di una massa infestante della categoria e che indegnamente vuole mettere bocca nelle sue strutture e determinarne in qualche modo l’attività e il futuro pur essendone fuori in quanto ormai legati con un cordone ombelicale all’Inpgi.
A ben guardare c’è da dire che non avrebbero tutti i torti, la presenza di muffa grigia negli enti della categoria è davvero importante. Per dimostrarlo, proviamo a buttarne giù, per la prima volta a memoria di giornalista, un censimento. Cominciamo dall’Ordine nazionale dove, grazie ad Enzo Iacopino, il vessillo del pensionato garrisce proprio lassù sulla vetta. Ma è altrettanto robusta la presenza nel consiglio nazionale: se ne contano 15/16 su 77 componenti, il numero giusto per incidere ogni volta che si affida un incarico o si procede all’elezione per una nomina.
Valori più o meno identici anche all’Inpgi stesso. Qui c’è da dire, comunque, che la quota dei pensionati è regolamentata dallo statuto che fissa perfino l’entità della loro rappresentanza nel consiglio generale, ma i prepensionamenti dell’anno scorso hanno picchiato duro e la quota prevista dai regolamenti è stata ampiamente superata: in consiglio generale, infatti, si contano almeno 14 consiglieri grigi su 66, mentre in consiglio di amministrazione si sale a 5 su 16, cioè tantiquanti sono necessari per determinare ogni e qualsiasi scelta.
Un caso isolato? Macché. Alla Casagit si ripetono più o meno le stesse proporzioni fra i cosiddetti attivi e quelli che non lo sono più: 21 delegati su 80 in assemblea, mentre 5 dei 17 componenti degli organismi esecutivi della cassa sono pensionati. E tanto per restare agli enti anche il giovanissimo fondo integrativo, che è stato pensato per i colleghi più giovani, vede una robusta presenza di muffa grigia: metà esatta della componente giornalisti.
L’unica zona immune dovrebbe essere la Fnsi che, proprio per cautelarsi e restare incontaminata ha inventato la riserva indiana dell’Ungp nel tentativo di riunire i portatori di muffa tutti insieme in modo da tenerli sotto controllo e metterli in condizione di non fare danno. Tentativo fallito (come ha dimostrato il recente congresso che ha bocciato una scalata al vertice dell’unione) alla muffa grigia non si resiste: in consiglio nazionale di “infetti” ce ne sono una mezza dozzina e ben due (uno, Giovanni Rossi, addirittura coi gradi di segretario generale aggiunto, l’altro è Enrico Ferri) ammessi nella ristrettissima segreteria, quella che determina le scelte essenziali del sindacato.
E via via scendendo in periferia la muffa grigia aggredisce sempre di più in quanto è altissima la presenza sia nei vari consigli regionali dell’Ordine che nei direttivi dei sindacati regionali. Ai vertici il numero si riduce, ma come dimenticare che il mio buon amico Giovanni Negri è a capo del potentissimo e decisivo sindacato lombardo? Nell’Ordine, invece, la presenza di pensionati nelle poltrone presidenziali è molto più alta e sensibile: Bruno Tucci nel Lazio, Letizia Gonzales aMilano e Gianni Rossetti nelle Marche.
Riassumendo, quindi, viene voglia di commentare che saremo sì una muffa grigia, ma che senza i pensionati questa categoria non avrebbe le gambe per far camminare i suoi enti, oppure se vogliamo rovesciare la questione diciamo che chi non ha pressanti urgenze di lavoro riesce a meglio impegnarsi a favore dei colleghi. Ci sono poi casi di impegni multipli e trasversali per cui lo stesso nome lo trovi quasi dappertutto, quasi come se la categoria per funzionare avesse bisogno di lui e non altri che lui.
Per quanto mi riguarda preferisco pensare che la nostra muffa grigia sia quella meglio identificata con il nome scientifico di Botrytis cinerea, un fungo giustamente parassita che attacca molte varietà di piante, anche se fra i diversi ospiti quello economicamente più rilevante è la vite (in particolare aggredisce i grappoli d’uva). Addirittura in viticoltura è nota come marciume grigio o muffa grigia. La stessa può anche provocare allergie. A leggerla così sembra il flagello di Dio, giustificando le paure dei colleghi, le diffidenze e il tentativo di confinarci tutti con un giornale in mano su una panchina o a portare a spasso il cane. Ma io preferisco pensare che l’effetto della nostra muffa grigia sia quello definito “nobile”: lo stesso fungo che distrugge le viti, in particolari condizioni è una benedizione perché costituisce la condizione ideale per ottenere dai grappoli di vigne da sogno il passito, quel vino color dell’oro dal sapore e dal profumo stupendi.
Appunto come fa più o meno l’Ungp a favore della categoria. Il Giornalista Pensionato

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