
Papa Wojtyla sul volo per il Messico del 1979

Papa Giovanni Paolo II
CITTA’ DEL VATICANO – Il 25 gennaio del 1979, l’aereo di Papa Wojtyla decolla verso il Messico per il suo primo viaggio apostolico.
“Tutto – racconta il cardinale Stanislao Dziwisz, allora giovane segretario del Pontefice – era la prima volta. Così anche l’incontro con i giornalisti.
Il Santo Padre pensava fosse la cosa più naturale del mondo affacciarsi nella cabina dei giornalisti e salutarli, ringraziarli per il lavoro che avrebbero fatto. Ma, quando cominciò ad avviarsi verso la classe economica, pensava che tutto sarebbe finito lì, con un saluto, un ringraziamento. Mai e poi mai avrebbe immaginato quel che sarebbe successo.
Un giornalista, rompendo gli accordi, gli rivolse una domanda. E lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo, gli rispose direttamente. Qualcosa di assolutamente inedito: il Capo della Chiesa che si faceva intervistare a diecimila metri d’altezza”.
L’arcivescovo di Cracovia ricostruisce l’episodio in un testo scritto per il volume “Compagni di viaggio. Interviste al volo con Giovanni Paolo II”, nel quale la giornalista Angela Ambrogetti ha raccolto le interviste più significative concesse dal Papa polacco nei suoi 105 viaggi apostolici, che, sottolinea Dziwisz, “sarebbero rimasti quasi sconosciuti se al seguito del Papa non ci fossero stati i giornalisti”.
“Il Papa – rivela il cardinale polacco – decide fin dai primi momenti della sua elezione di fare un patto con i media. E nel patto – spiega – ci sono quelle visite nel settore della stampa della cabina dell’aereo che portava il vescovo di Roma ad essere parroco del mondo. Nelle risposte che dava ai giornalisti di ogni Paese, in tutte le lingue, c’era sempre il senso del viaggio che stava intraprendendo, o il primo bilancio di una visita che si stava per concludere. Qualcosa che mai si sarebbe immaginata prima di allora”.
Anche se, ammette Dziwisz smentendo la vulgata oggi in voga, “non è stato sempre un rapporto facile quello con la stampa. Ma è stato certamente sempre un rapporto sincero e fruttuoso. I giornalisti che accompagnavano il Papa nei suoi viaggi non erano necessariamente credenti o amici del Papa e della Chiesa.
A loro – ricostruisce lo storico collaboratore di Wojtyla nelle pagine anticipate ieri dal quotidiano cattolico Avvenire – era chiesto di essere dei professionisti e a loro il Papa chiedeva di raccontare la verità, quello che vedevano accompagnandolo nelle grandi città o nei piu’ sperduti villaggi. Erano dei compagni di viaggio. Molti di loro negli anni sono divenuti familiari a Giovanni Paolo II, hanno condiviso i momenti felici e quelli difficili. Per tutti il Papa aveva il tempo di dire qualcosa, di rispondere ad una domanda, di ascoltare una riflessione”.
“I giornalisti al seguito del Papa in aereo – ricorda da parte sua Angela Ambrogetti intervistata dal sito dei Papaboys – iniziarono a comparire con Paolo VI, il primo Pontefice ad effettuare viaggi internazionali. A quei tempi, però, il Papa passava e accennava qualche saluto. Su Papa Wojtyla c’è, invece, un racconto che tutti i vaticanisti conoscono e che oramai è divenuto famoso: durante il primo volo di Giovanni Paolo II, un giornalista americano gli fece una domanda, alla quale Papa Wojtyla rispose immediatamente. Da quel momento le domande al Pontefice divennero una consuetudine, che dimostra molto chiaramente come Giovanni Paolo II avesse piacere a comunicare con i giornalisti e stipulasse con loro una sorta di “patto mediatico” molto personale, e mai soggiogato dalla voglia dei giornalisti di ottenere qualcosa in più”.
Nella prefazione del libro, l’attuale portavoce vaticano, padre Federico Lombardi rileva che il progredire dei mezzi di comunicazione nell’arco del lungo Pontificato di Giovanni Paolo II, ha fatto sì che sia stata prodotta una grande quantità di registrazioni sia audio che video, delle molteplici attività del Papa rispetto ai pontefici precedenti. Non tutto è stato, però, portato a conoscenza della collettività mondiale ed il nuovo libro della Ambrogetti sopperisce efficacemente a tali mancanze.
Chiaramente, chiosa però la vaticanista Ambrogetti, “questo non è un libro devozionale: non parla né di Karol Wojtyla santo, né di miracoli, di misticismo o di preghiera, niente di tutto questo. E’ un libro dedicato proprio ad una parte di magistero del pontificato e, essendo una finestra aperta sulla personalità di Giovanni Paolo II, può essere un modo in più per conoscerlo meglio”.