
John Lloyd
PERUGIA – “Berlusconi è i media ed è la politica: è una soluzione radicale, ma è una soluzione a un problema che hanno anche Obama, Cameron, Sarkozy, tutti i leader. La questione vera, per una democrazia, è come stabilire una relazione onesta, aperta tra giornalismo e potere”.
E’ un passaggio dell’intervento di John Lloyd, analista del Financial Times e direttore del Reuters Institute for the study of journalism all’università di Oxford, a un dibattito del festival del giornalismo di Perugia: tema, com’è cambiato il giornalismo italiano nell’era berlusconiana. All’incontro, moderato da Francesco Specchia di Libero, hanno partecipato anche Orazio Carabini, vicedirettore dell’Espresso, Luigi Contu, direttore dell’Ansa, e Mario Orfeo, direttore del Messaggero.
Dell’impatto “chiaro ed evidente” dell’ingresso di Berlusconi nel mondo politico italiano sull’informazione è convinto Orfeo, che individua uno “spartiacque” nella rottura tra il premier e Fini dell’estate scorsa: “Da quel momento – ha spiegato – anche i giornali militanti sono diventati veri e propri strumenti di lotta politica e giudiziaria, travalicando qualsiasi limite e qualsiasi decenza.
Per dirla con Saviano, è nata quella macchina del fango che molti vedono, ma molti altri negano”. “Se la macchina del fango esiste, è di destra e di sinistra”, ha replicato Specchia. “In realtà la macchina del fango è dappertutto”, ha chiosato Lloyd, citando le campagne di testate britanniche come il Daily Mirror, l’Independent o il Guardian contro Margaret Thatcher.
“Non sono un giornalista italiano e forse per questo mi è più difficile dover fare una distinzione tra macchina del fango e discussione robusta su un argomento. Il giornalismo non è sempre vero. Ma la cosa più importante – ha concluso Lloyd – è che sia libero”.