
Antonio Ingroia
PALERMO – In passato, nelle indagini per il sequestro e l’omicidio del giornalista Mauro De Mauro, scomparso da Palermo la sera del 16 settembre 1970, “ci sono state zone d’ombra, menzogne, ma anche buchi neri e depistaggi”. E’ la denuncia del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che prosegue la sua requisitoria nel processo De Mauro iniziata oggi. L’unico imputato è il capo mafia Totò Riina che, collegato in videoconferenza dal carcere Opera di Milano ascolta impassibile le parole del magistrato che rappresenta l’accusa.
“Ci sono stati troppi depistaggi, troppe deviazioni e coperture negli anni per arrivare alla verità sull’omicidio De Mauro – ha detto ancora Ingroia – indagini che ebbero battute d’arresto con prove sottratte e l’elenco sarebbe molto lungo. Come la frettolosa apertura del cassetto di Mauro De Mauro della sua scrivania al giornale “L’Ora” prima che arrivassero gli inquirenti e i familiari. Una apertura improvvida con manoscritti spariti e appunti strappati per non parlare del nastro che De Mauro ascolatava e riascoltava e che non è mai stato rinvenuto”.
Ingroia parla poi di “testi sconcertanti” e cita il commercialista Antonino Buttafuoco e le “dichiarazioni tardive dell’ex direttore del Giornale di Sicilia, Roberto Ciuni”. E parla, quindi, “di testimonianze che hanno impedito negli anni l’accertamento della verità e ritardato in modo imperdonabile l’appuntamento con la giustizia arrivato solo 40 anni dopo con un processo”.
Il procuratore aggiunto di Palermo ha detto, inoltre, che “dietro l’omicidio di Mauro De Mauro non c’era solo Cosa nostra ma c’erano anche altri ambienti e personaggi interessati, altre organizazioni non mafiose alleate con Cosa nostra”.
Il riferimento, in particolare, è alla vicenda “connessa alla morte, anzi direi l’omicidio di Enrico Mattei e l’organizzazione del golpe Borghese. Emerge lo scenario del coinvolgimento non solo di Cosa nostra ma di altri ambienti criminali come la destra golpista, la massoneria deviata e altri ambienti corrotti. Per questo motivo quello di Mauro De Mauro non è stato solo un delitto di mafia”.
Il pm parla, quindi, di un “delitto preventivo” perché “De Mauro non venne ucciso per vendetta ma perché non facesse qualcosa. Cosa nostra non uccide quasi mai per vendetta ma per evitare che venga danneggiata”.