Comitato per scrivere la riforma Alfano per una giustizia “a misura di premier”

Legge bavaglio: Berlusconi ci riprova

Silvia Barocci


ROMA – Avanti tutta con una riforma della giustizia che sia radicale, senza ulteriori indugi o mediazioni. E’ questa l’indicazione di Silvio Berlusconi al ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Galvanizzato dallo sfaldamento dei finiani che proprio sulla giustizia gli hanno dato filo da torcere, il premier rilancia.
Separazione delle carriere di giudici e pm, doppio Csm, responsabilità delle “toghe” per atti compiuti in violazione dei diritti: sono gli ingredienti base di un piatto di riforme costituzionale preannunciato a più riprese nei mesi scorsi ma mai servito, e che arriva in consiglio dei ministri sottoforma di una relazione illustrativa di Alfano votata all’unanimità. 


E ancora: ritorno all’immunità parlamentare secondo il vecchio articolo 68 e restrizioni delle norme sulle intercettazioni, in una versione più dura di quella che langue da mesi alla Camera frutto della mediazione con la finiana Giulia Bongiorno.
Insorge l’Associazione nazionale magistrati: “é un copione già visto. Ogni volta che emergono vicende giudiziarie che coinvolgono il premier – fa notare il presidente del sindacato delle «toghe» Luca Palamara – prima arrivano insulti, poi seguono iniziative legislative punitive per i magistrati. Noi non ci faremo intimidire”.
I testi della “grande, grande” riforma, però, non ci sono. A metterli nero su bianco sarà un Comitato formato da ministri ed esperti che dalla prossima settimana si vedranno a Palazzo Chigi in vista di un consiglio dei ministri straordinario sulla giustizia da tenersi nel giro di 2-3 settimane.
Alfano si limita a tenere una breve relazione per illustrare i punti cardine della riforma di cui aveva già messo al corrente il Quirinale lo scorso ottobre, in un colloquio con Napolitano, e che in novembre erano stati oggetto di un confronto con i finiani avviato prima della definitiva rottura.
In sintesi: separazione delle carriere di giudici e pm (i primi autonomi e indipendenti da ogni potere e soggetti solo alla legge mentre i pm diventerebbero non un potere né un ordine bensì un “ufficio” che esercita l’azione penale secondo priorità stabilite per legge); doppio Csm (uno per i pm e l’altro per i giudici, entrambi presieduti dal capo dello Stato, con una composizione “togata” inferiore a quella attuale ma di cui ancora non è chiara la proporzione rispetto a quella laica); divieto per i Csm di adottare atti di indirizzo politico e obbligo di fornire pareri su ddl solo su richiesta del ministro; la creazione di un’Alta corte per i procedimenti disciplinari di tutte le “toghe”.
E ancora: introduzione in Costituzione del principio secondo cui giudici e Pm sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti; inappellabilità delle sentenze di assoluzione; più poteri al ministro della Giustizia (potrebbe ad esempio partecipare alle riunioni del Csm senza diritto di voto) e paletti ai pm nell’uso della polizia giudiziaria. Questi, in sostanza, i punti cardine.
Ma i testi sono un’altra storia e ora toccherà tradurre i principi espressi da Alfano in un articolato che avrà bisogno di una doppia lettura e dunque di tempi lunghi. La stesura del testo spetterà al Comitato istituto facendo ricorso all’art.6 della legge 400 dell’88, vale a dire una di quelle norme elencate tra le attività che il premier potrebbe teoricamente far valere come legittimo impedimento a non presentarsi in udienza. Sempre che Berlusconi voglia partecipare al Comitato.
I lavori dovrebbero concludersi nel giro di 2-3 settimane, secondo le iniziali previsioni. Mel frattempo, il primo appuntamento del premier con la magistratura di Milano sarà il prossimo 28 febbraio con processo Mediaset. A seguire gli altri processi a suo carico: Mediatrade il 5 marzo, Mills l’11 marzo e il 6 aprile per il caso Ruby.

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