Smentita la morte del reporter francese dell’Epa, Lucas Mebrouk Dolega, ferito venerdì scorso

Paura per i giornalisti blindati in hotel a Tunisi

Lucas Mebrouk Dolega

TUNISI – Lucas Mebrouk Dolega, fotoreporter franco-tedesco dell’agenzia Epa ferito venerdì scorso a Tunisi, si trova in “condizioni critiche ma stabili”, ma non è deceduto: lo ha comunicato il consolato francese di Tunisi, smentendo quanto precedentemente annunciato. La notizia della morte del 32enne Dolega era stata data anche dalla ong Reporter sans Frontieres (Rsf) e dal ministro della Cultura francese, Frederic Mitterrand. Secondo le testimonianze dei colleghi, il fotoreporter era stato colpito alla tempia da una granata lacrimogena sparata a bruciapelo da un poliziotto nel corso di una manifestazione. (TMNews fonte Afp).
Mentre si susseguono s spari, violenze e saccheggi a Tunisi, anche la tv satellitare “al-Arabiya” ha dato la notizia della morte del reporter francese dell’Epa. Dopo una notte tra vittime (registrati tre morti) e razzie, gruppi di miliziani armati hanno aperto il fuoco oggi nel centro della capitale tunisina, uccidendo un giovane. Secondo quanto riferisce la tv satellitare “al-Arabiya”, la sparatoria è avvenuta nella zona di Bab al-Khadra. Gli uomini armati farebbero parte di una delle bande che razziano da giorni i negozi della città e che sono considerati vicini al deposto presidente, Ben Ali, contro il quale le autorità tunisine hanno spiccato un mandato di cattura.

Sono sette gli stranieri fermati nella capitale perché trovati in possesso di armi mentre i soldati dell’esercito hanno ucciso i cecchini che per alcune ore hanno sparato nel centro della città, dal tetto dell’hotel “Maghreb arabi”, nei dintorni della Banca centrale.
Secondo gli osservatori locali ci sarebbero gli agenti della polizia fedele all’ex presidente dietro i saccheggi. L’esercito tunisino ha finora arrestato circa 3 mila poliziotti tunisini fedelissimi a Ben Ali tra i quali una cinquantina appartenente alla sua guardia personale che tentavano di fuggire a bordo di alcuni bus verso la Libia. Arresti anche nella città di Kasserine, si tratta di 50 miliziani armati che hanno eseguito nella notte una serie di violenze.
E mentre alcune unità dell’esercito hanno circondato la sede del ministero dell’Interno di Tunisi, si sono formate squadre di cittadini nei quartieri della capitale (i più colpiti ieri dalle bande armate) che attraverso ronde controllano la sicurezza delle strade. I negozi del centro di Tunisi in mattinata sono rimasti chiusi con i residenti che hanno protestato per la difficoltà di reperire cibo e medicine. Solo forni e panifici hanno poi ricominciato pian piano ad aprire. E’ stato ridotto di un’ora anche il coprifuoco serale. Le autorità tunisine lo lasciano in vigore dalle 18 alle 6 del mattino.
Intanto, è stato arrestato l’ex ministro dell’Interno tunisino, Rafik Belhaj Kacem, nella sua città natale di Baja. Destituito mercoledì scorso da Ben Ali nel tentativo di placare la rivolta, Kacem è stato fermato perché accusato di aver ordinato alla polizia di aprire il fuoco contro i manifestanti nei giorni della protesta. Arrestato anche il nipote del deposto presidente tunisino, Kais Ben Ali.
Comincia, così a frantumarsi – secondo osservatori – la struttura politica costruita dall’ex presidente a garanzia del suo potere: il segretario del Partito di Unità Popolare tunisino (Pup), Mohamed Bouchiha, ha rassegnato le dimissioni. Il Pup è uno dei partiti di opposizione riconosciuti dal regime di Ben Ali.
Morto invece per un infarto improvviso dopo aver appreso la notizia della fuga di Ben Ali, il suo consigliere e portavoce, Abdelaziz Bin Dhiya. E’ stato invece vittima di un regolamento di conti Imad Trebelsi, fratello di Leila Trabelsi, moglie dell’ex presidente. E’ stato ucciso con una coltellata sabato mattina, poco dopo essere stato arrestato dall’esercito insieme a suo fratello Belhasan.
Oggi è la seconda giornata di consultazioni tra il premier tunisino, Mohammed Ghannouchi e i rappresentanti dei partiti di opposizione in vista della nascita del futuro governo. I colloqui si svolgono mentre nel centro di Tunisi è stata indetta una manifestazione. Ieri il presidente ad interim, Fouad Mebazza, ha preannunciato che il prossimo sarà un governo di unità nazionale mentre il leader dell’opposizione legale nel paese, Najib Chebbi, dopo aver incontrato Ghannouchi, ha detto che le elezioni, sotto la supervisione internazionale, potrebbero tenersi nel giro di sei o sette mesi.
Nel caos più totale, i turisti continuano a lasciare il paese. 118 cittadini spagnoli sono rientrati all’alba di oggi. Un turista tedesco ha riferito all’agenzia Dpa di essere stato fermato cinque volte dai soldati mentre si recava all’aeroporto per partire.
Manifestazioni di solidarietà al popolo tunisino anche in altri paesi. All’indomani dei disordini, sono scesi in piazza a Sana’a, nello Yemen, circa 700 studenti universitari. Sono sfilati in corteo portando striscioni e cartelli con slogan in cui esprimevano la loro solidarietà. “Lunga vita alla Tunisia…una nazione libera ed un grande popolo” si leggeva su uno striscione. “Il cambiamento pacifico e democratico è la nostra scelta per costruire il nuovo Yemen”, era scritto su un altro. (Adnkronos).

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