Antonella Cardone e Saverio Paffumi (consiglieri nazionali Odg)
Regole di iscrizione all’albo e al registro dei praticanti per molti impossibili da rispettare, editori che pagano 2 euro lordi ad articolo, o “centesimi a click” se si tratta di online, presunti e aspiranti colleghi non iscritti che fanno concorrenza sleale, mancanza di una formazione a misura delle nuove richieste del mercato, bandi per gli uffici stampa pubblici illegittimi che frustrano i giornalisti, norme deontologiche spesso disattese da chi deve mettere assieme il pranzo con la cena…
È lungo il cahier de doléances dei colleghi non contrattualizzati ex art. 1. Si tratta oggi di oltre la metà degli iscritti all’Ordine, e la percentuale cresce seguendo la scia delle crisi aziendali. Cosa può fare il Cnog per dare una risposta che sia nelle sue competenze a questa emergenza? Esaminiamo due aspetti che hanno carattere di urgenza, sui quali può essere a nostro avviso avviata subito una riflessione.
L’art. 34 e l’iscrizione
al Registro dei praticanti
In primo luogo, in vista di una riforma della professione che sembra ancora lontana, servirebbe una ridefinizione dei criteri interpretativi dell’art. 34 della legge ordinistica (praticantato d’ufficio, praticantato freelance: vedi http://www.odg.it/content/decisione-cnog-5-luglio-2002), soprattutto sul fronte reddituale. Oggi i compensi annuali medi sono attorno ai 7.000 euro, non certo per colpa dei freelance, ma per un mercato saldamente in mano agli editori e alla legge del più forte: inarrivabili le soglie imposte attualmente.
Per chiunque abbia una qualsiasi laurea, inoltre, si dovrebbe valutare la possibilità di derogare dal vincolo reddituale, così come accade in tutti gli altri Ordini professionali, per i quali il percorso laurea/praticantato/esame di Stato è necessario e sufficiente all’iscrizione.
Il concetto stesso di redazione è cambiato (si pensi solo all’online e al grande sviluppo del telelavoro): sembra logico dare oggi più importanza all’effettiva e sostanziale valenza giornalistica del lavoro svolto, che all’esistenza di strutture redazionali statiche tradizionali, o alla figura di un “tutor” tradizionalmente inteso. L’obiettivo non sarebbe aumentare indiscriminatamente il numero delle iscrizioni, ma rendere la selezione equa e rispondente all’evoluzione effettiva della professione. Per fare un esempio non è accettabile che – ai fini dell’iscrizione all’albo – l’attività quotidiana sul campo di un cronista freelance in una tv locale o in una free press venga valutata prevalentemente in base al reddito, o che il reddito sia l’elemento valutativo dirimente. Lasciando al sindacato le trattative sui compensi, l’Ordine potrebbe anche attivare una moral suasion verso editori e governo, sulla scia di quanto già abbozzato finora, riprendendo ad esempio l’idea del “bollino blu” da assegnare alle testate che non sfruttano i giornalisti, di modo che il lettore e l’opinione pubblica divengano consapevoli di chi rispetta la professionalità dei colleghi e chi non lo fa (Vedi http://www.odg.it/content/%E2%80%9Csmascheriamo-gli-editori%E2%80%9D-una-legge-toglier%C3%A0-le-provvidenze-chi-sfrutta-i-giornalisti-0).
Priorità assoluta sul piano strategico e con procedure di urgenza adeguate alla vera e propria situazione di emergenza, va data a tutte le iniziative volte a contrastare l’esercizio abusivo della professione. Se non si elimina o ridimensiona in maniera determinante l’abusivismo, ogni tentativo di normare la professione in quel 50% della categoria che non è protetto dal Contratto risulterà vano o facilmente vanificabile. Costante deve essere la denuncia delle situazioni irregolari, quando editori piccoli e grandi sfruttano – di solito per mere ragioni economiche – il lavoro di persone che non hanno titolo per esercitare la professione.
Principianti “doc”
e contrasto agli abusivi
Per facilitare il percorso di inserimento e soprattutto per farlo emergere dalla forma abusiva, si può agire fin dall’avvio delle collaborazioni giornalistiche, ad esempio rilasciando una sorta di “foglio rosa” ai collaboratori non iscritti, in modo da inserirli fin da subito nell’alveo ordinistico. In tale maniera chi inizia a lavorare nel mondo dell’informazione, anziché farlo in modo clandestino, sarebbe regolarizzato nel suo percorso verso l’iscrizione all’Albo e l’ingresso negli altri istituti di categoria. Al contrario, chi è fuori da questa regola potrebbe essere più facilmente individuato, al pari dell’editore che ne approfitta.
E’ necessario e urgente stabilire poi una “procedura valutativa delle anomalie”, ovvero attivare un canale dove segnalare i casi di esercizio abusivo della professione. Si potrebbe creare un riferimento sul sito dell’Ordine, e al contempo indicare il Consigliere o il funzionario amministrativo titolato ad aprire la pratica e dare il via agli interventi appropriati: segnalazione alle forze dell’ordine, alla Fnsi, alla Fieg e alle altre organizzazioni degli editori, diramare comunicati stampa, intentare cause alle aziende editoriali che promuovono il lavoro degli abusivi non iscritti all’albo.