Fnsi e Fieg chiedono “certezza del diritto” e “un nuovo corso” in materia di risarcimento danni

Giornalisti: la diffamazione costa cara

Milena Gabanelli

ROMA – Andare incontro a una causa per diffamazione costa, agli editori e ai giornalisti. L’occasione per fare il punto su un tema sempre caldo, connesso con la questione del risarcimento danno e delle “liti temerarie”, è stato il convegno promosso dalla Federazione Nazionale della Stampa insieme alla Fondazione Libera Informazione, tenutosi stamani a Roma nel salone Tobagi della Fnsi. A partire dal caso “Report”, il programma di Milena Gabanelli, che ha rischiato più volte di perdere la copertura legale della Rai.
Per ora la copertura c’è “ma in futuro – dice la Gabanelli – non lo so. L’anno scorso – ricorda – c’è stato qualche momento di difficoltà perché il direttore generale aveva sollevato il problema dell’eccezione della tutela legale garantita a noi che siamo esterni all’azienda. Alla fine comunque tutto si è risolto. Si ventila la possibilità che ce la tolgano la tutela ma per ora c’è”.
La normativa relativa alla diffamazione a mezzo stampa, come è stato evidenziato nel corso della giornata su “Libertà d’informazione. Quanto costa e a chi?”, aperta dal segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, risale a quanto previsto dalle “disposizioni sulla stampa” contenute nella legge 47 che data al febbraio 1948. Con la riforma del codice del 1988 i reati di diffamazione a mezzo stampa vengono inoltre giudicati da un giudice unico a cui viene demandata, ha spiegato l’avvocato Oreste Flammini Minuto, “la certezza del diritto”.
La minaccia di risarcimenti molto salati come mezzo per influenzare indebitamente l’informazione non piace agli editori. “La libertà di stampa – riflette il presidente della Fieg, Carlo Malinconico – è un valore essenziale che qualifica la democrazia”. Quindi per evitare “gli eccessi che ci sono e ci saranno sempre” si deve guardare a strumenti nuovi, allo studio, “ma comunque dobbiamo evitare che contro gli eccessi si arrivi all’estensione dei divieti e all’aggravamento delle sanzioni che riguardano anche gli editori”, osserva Malinconico.
La necessità di avviare un “nuovo corso” è stata indicata dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, che ha invitato giornalisti e giudici a ”trovare nelle rispettive competenze un modo per non dare al paese l’immagine di magistrati che vogliono coartare la libertà di stampa da una parte e di giornalisti che svolgono la loro professione senza porsi limiti” deontologici dall’altra.

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