Sayed Yaqub Ibrahimi dedica via skype il Premio "Anna Politkovskaja" di Internazionale

“Ai giornalisti che hanno rischiato la vita”

Sayed Yaqub Ibrahimi

FERRARA – “Oggi, il premio non è solo per me. Il Premio Anna Politkovskaja è per tutti i giornalisti afgani che hanno rischiato la loro vita, quelli in prigione o in esilio, quelli decapitati davanti alla telecamera e a quelli brutalmente assassinati nella loro camera da letto”. Con queste parole, Sayed Yaqub Ibrahimi  ha commentato il Premio Anna Politkovskaja conferitogli dal settimanale Internazionale per il giornalismo d’inchiesta. A Ferrara, dove stamani si è aperta la quarta edizione del Festival della rivista “Internazionale, il trentenne giornalista afghano non è, però, potuto intervenire personalmente. A Ibrahimi, infatti, è stato recentemente ritirato il passaporto ma lui, grazie a un collegamento via skype, ha voluto ringraziare personalmente il direttore della rivista, Giovanni De Mauro, tra gli applausi del pubblico. Ibrahimi è stato corrispondente dell’Institute for War and Peace Reporting da Mazar-e Sharif e da Kabul e per le sue analisi politiche e le inchieste sui signori della guerra afgani è continuamente vittima d’intimidazioni e minacce. “In Afghanistan – ha ricordato Sayed Yaqub Ibrahim – i giornalisti hanno due missioni: trovare le informazioni, verificarle e scriverle, e anche difendere la propria vita”.  A ritirare il premio è stato suo fratello, Said Kheshraw Ibrahim.

“Internazionale – ha detto il vicesindaco di Ferrara, Massimo Maisto, leggendo le motivazioni del premio – ha deciso di assegnare il riconoscimento a Sayed Yaqub Ibrahimi per il suo grande lavoro giornalistico di denuncia in un paese di guerra, sotto il controllo dei fondamentalisti islamici e sotto un rigido sistema di censura dell’informazione”.
I guai di Sayed Yaqub Ibrahimi con le autorità afgane nascono dalla dura battaglia del giornalista per la liberazione del fratello minore Parwez Kambakhsh, arrestato il 27 ottobre 2007 a Mazar-e-Sharif a soli 23 anni con l’accusa di blasfemia e condannato a morte dal governo Garzai, in seguito ad un processo sommario condotto da una corte islamica di Balkh. Per molti l’arresto del fratello è stato il pretesto per fermare l’attività giornalistica e investigativa di Sayed Yaqub Ibrahimi. “Tutte fazioni fondamentaliste – ha detto il giornalista afghano – contro la libertà di stampa e di informazione”. “Esiste una linea  rossa – ha detto ancoea proseguito l’intervista – una sorta di limite tracciato dalle autorità che non è possibile varcare e, quindi, senza possibilità di fare luce sui fatti, pena il pericolo di minacce di morte, esilio e carcere”.

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